martedì 30 aprile 2019

Quel Natale e questo Natale

È passato un altro Natale in cui sono andato in chiesa in maglione e cappotto anziché in talare e tabarro.

Anni fa, nella scalcinata parrocchietta in cui ero stato assegnato, mi presentai la sera del 24 dicembre col clergyman. Apriti cielo. Ovviamente avevo già pronta la scusa: dopo il rito di ammissione tra i candidati all'ordine sacro, almeno a Natale e Pasqua "bisogna dare un segno alla gente" (per usare la volgarissima lingua clericalese).

Il parroco, un tarchiato postsessantottino il cui sorrisetto nascondeva a stento la scomposta furia di cui è capace uno che non è riuscito a far carriera, quella scusa certamente se l'aspettava. Infatti mi chiese di andare a comprare delle robette per la canonica - carta igienica e altre amenità che non erano affatto tanto urgenti. Gli feci presente che dovevo "preparare la celebrazione" (per usare la volgarissima lingua clericalese) e lui anziché insistere tradì le sue intenzioni menzionando il mio clergyman. Eh, sì, gli faccio presente, è la sera della vigilia Natale, posso mica andare vestito così a fare la spesa proprio all'ora in cui sta per iniziare la Messa della notte? E lui spara la domanda retorica che aveva già pronta da tempo: ma allora ti vergogni di vestirti cosi?

Si aspettava un "no" (e quindi avrebbe insistito per umiliarmi mandandomi vestito così a comprare delle ridicolaggini, in odio a quel "segno alla gente" che fa pensare alla dignità del sacerdozio), ma aveva previsto anche un "sì" (e se ne sarebbe fatto forte dicendo in curia e al vescovo che il sottoscritto vive il suo percorso di discernimento come una forzatura, sempre in volgarissima lingua clericalese: il clergyman diventa improvvisamente sinonimo di "percorso di discernimento", cioè seminario, formatori, vescovo, parroci, tutto, solo perché si può usare nella guerra contro le vocazioni).

Gli risposi che il mio posto è in parrocchia e per questo sono vestito così, ma se proprio ci tiene, vado a fare la spesa. Ci teneva, ci teneva: ignorò perfino i ragazzetti che non vedevano l'ora di dare una mano. E così ci andai, dando fondo a tutte le mie energie mentali per immaginarmi invisibile (ero certo che qualcun altro in giro sarebbe stato spedito a controllare se nasconde il clergyman: ai lettori di questo blog potrebbe sembrare un'esagerazione da film di spionaggio, ma io davvero ho assistito in diretta a scene assurde, come nel caso di un seminarista colto in flagrante a comprarsi una camicia nel negozio di marca rinomata a decine di chilometri di distanza: non si è mai saputo chi è che lo aveva seguìto, identificato, e notato uscire dal negozio con gli acquisti appena fatti, e gli restò l'etichetta di vanesio e sfarzoso che perdura ancor oggi).

Per mia fortuna il negozio aveva appena chiuso. Volevo correre in parrocchia a fare il mio dovere - cioè a "preparare"  le cazzate natalizie obbligatorie (cartelloni, fiori, ammennicoli idioti, sedie...) ma strada facendo mi resi conto che il parroco l'aveva già avuta vinta su tutta la linea.

Sapeva che ci tenevo al clergyman e aveva trovato il modo migliore per umiliarmi.
Sapeva che detestavo il servizio in parrocchia e aveva trovato il modo migliore per farmi correre a farlo.
Sapeva che il mio apporto in parrocchia era inutile e aveva trovato non solo il modo di farmelo notare, ma anche il modo di poter farlo pesare contro di me ("eh, gli ho chiesto di comprare delle cose, ma ci ha messo troppo tempo, anzi, hanno lavorato senza di lui, anzi, è tornato subito ma poi non lavorava più come prima, anzi...").

Alle 22:30 passate il trambusto in chiesa è diventato insopportabile - chi corre di qua, chi sposta di là, chi prova le luci, chi le sedie, chi i microfoni, con quella indomabile frenesia di chi sta preparando il Grande Spettacolo Mondiale. Un'atmosfera opprimente, che però qua e là concede suo malgrado l'alibi: lascia fare a noi per le luci... Così, per dare aria ai polmoni e all'anima, resto fuori sul sagrato, con l'alibi del fare"servizio di accoglienza" (un'altra, ennesima, mostruosa cazzata dogmatica del vaticansecondismo imbecille) finché qualcuno dell'esercito degli ansiosi non mi chiamasse ad altro incarico "urgentissimo".

Càpitano una donna e una ragazzina, pochi minuti prima della Messa. La donna mi vede in clergyman e mi chiede se sia io il parroco. No, signora, mi manca ancora qualche annetto per diventar prete. Mi chiede allora, visto che è tardi, se sia ancora possibile confessarsi oppure fare la Comunione rinviando la confessione a dopo. Signora mia, se ci sono peccati mortali, la Comunione non si può fare, però potete comodamente tornare domani sera che c'è un'altra Messa e non c'è quasi nessuno (perché è la sera del 25) e avrete la possibilità di confessarvi prima della Messa.

La donna balbetta qualcosa e la figlia le chiede ingenuamente: mamma, ma i tuoi sono mortali? Interrompo la figlia mentre sta ancora parlando: beh, ognuno sa le proprie cose... e alla madre: sapete, a Natale è consigliato ma mica obbligatorio andare alla Messa di mezzanotte, visto che domani qui ci sono altre tre Messe di Natale uguali a questa, alle otto di mattina, alle dodici, e alle cinque del  pomeriggio che non ci viene quasi nessuno perché stanno ancora tutti a fare il pranzo di Natale... Oops, scusate, mi stanno chiamando in chiesa per un servizio urgentissimo.

Quel rospo che ho dovuto mandar giù per la carta igienica aveva almeno fruttato la possibilità che una donna e una ragazzina abbiano evitato una Comunione in stato di peccato mortale e forse anche l'aver capito che esistono peccati mortali. E questo a causa di una camicia clergy indossata da seminarista. Quel benedetto clergy (neanche talare, proprio un clergy con "colletto romano") è stata la scintilla per insegnare qualcosa che questa insipida genìa di preti postconciliari non ha saputo trasmettere in miliardi di omelie, fervorini, lezioncine, articolini.

Poco più tardi, durante la consacrazione, ero l'unico in ginocchio.

sabato 27 aprile 2019

Ostacoli al sacerdozio: la c.d. “formazione”

Quel caro buon Vecchio Amico, durante il primo anno, mi disse: sai, il bello del seminario Tal dei Tali è che nessuno ti rompe il cazzo. Mantieni un basso profilo, non ti assenti alle liturgie, stai tutto il resto del tempo in camera a studiare o dormire, e nessuno ti rompe il cazzo.

Fu la miglior pubblicità possibile per un seminario. Infatti dalle mie parti i formatori studiosamente s'ingegnavano giorno e notte per mettere nei guai ogni vocazione che non coincideva con le loro strane idee e innaturali attenzioni. Per esempio, sul giovanotto carino fioccavano i trenta e anche la lode, beccava sempre i turni di servizio più comodi, veniva sempre perdonato tutto: i formatori e i docenti erano o froci dentro, o froci fuori, o poco propensi a inimicarsi qualche bell'efebo o qualche altro frocio, e pertanto per il giovanotto carino era tutta una comoda via in discesa. Tanto più che di mente e di carattere era il tipico pagliaccetto da parrocchia, solo più carino degli altri. (No, il fatto che io e costui fossimo in buoni rapporti non mi giovò. Nella testa frocescamente bacata dei froci formatori ciò poteva esser interpretato solo come attrazione omo, cioè come un parvenu che tenta maldestramente di ammaliare la loro prenotatissima miss).

La pressoché totalità di coloro che si rifiutano di credermi o ha vinto la lotteria entrando in un seminario nella rarissima combinazione di circostanze in cui nessuno ti rompe il cazzo, o aveva qualche facilitazione di cui non si rendeva conto (come l'essere carino agli occhi dei formatori, omosessuali più o meno latenti). Un pagliaccio in buona fede, una volta prete, si disse sorpreso del mio caso, poiché lui aveva avuto "problemi in seminario" solo negli ultimi anni, sfangandola perché il vescovo era troppo a corto di vocazioni (ed anche perché i formatori lo vedevano allergico a talari, latino e pre-Concilio). Un altro prete, che per vari motivi a settant'anni ancora non aveva mai avuto un incarico da parroco, si diceva meravigliato che la presunta mia inabilità a diventare parroco fosse un ostacolo: "altrimenti non avrebbero dovuto ordinare neppure me, che ho sempre fatto l'insegnante".

Una volta, ospite di una casa di formazione, mi fecero pranzare a parte. Ero capitato nel giorno in cui i seminaristi avevano un pranzo settimanale coi formatori e ciò che si sarebbero detti a tavola doveva rimanere "tra loro". Non ci volle grande sforzo a capire il sottinteso: confusione tra foro interno e foro esterno. Uno le cose le dovrebbe confessare solo al confessore, e farsele dirigere solo dal direttore spirituale, in entrambi i casi nel segreto, specialmente segreto riguardo ai formatori. Altro che amici amiconi che "condividono tutto". Di sera, fuori dalla casa (e cioè in campo neutro), ebbi modo di parlare con uno di tali seminaristi. Dopo avergli offerto un buon paio di birre (in cervisia veritas) il soggetto ammise che lì da loro funziona tutto benissimo ma “se uno non rivela le proprie cose, i superiori la prendono a male”. Come a dire: ufficialmente non ti rompono il cazzo, però confondono il foro interno con l'esterno... Come meravigliarsi che un seminarista, sotto tale pressione, si rivolga all'alcol ogni volta che può? Successivamente venni a sapere che lo spedirono in capo al mondo per un annetto o due, tempo in cui doveva dimostrarsi entusiasta e zelante (altrimenti...) e allergico all'alcol. Insomma: anche dove non rompono, alla fine dei conti ugualmente rompono.

La formazione al sacerdozio, a causa della sua stessa lunghezza, è già discernimento. Hai bisogno di tempo perché le cose da studiare sono tante (soprattutto quelle che non ti serviranno mai e che ti lasceranno dentro solo un sapore nauseante e stantìo), e non puoi certo giocarti il ritmo “asincrono” da studentello universitario perché hai da rispettare gli orari delle liturgie, delle attività (sempre troppe), dei servizi comuni (sempre al momento sbagliato), hai da barcamenarti nei rapporti sociali perché in uno spazio chiuso e dove tutti hanno i minuti contati una piuma che cade a terra fa fracasso per un mese.

Quella lunghezza è già discernimento: salvo rari casi - comunque difficili da identificare in altri modi - uno può fingersi diverso per qualche giorno, qualche settimana, forse addirittura qualche mese, ma non può riuscirci per interi anni. Le attitudini del singolo vengono inesorabilmente fuori anche se fosse autorizzato a restar sempre chiuso in camera e ad uscirne solo per liturgie e lezioni. Nei corridoi del seminario ho appreso di ogni singolo lato oscuro dei miei commilitoni nell'arco di pochi mesi al massimo, senza nemmeno aver bisogno di pronunciare molte più parole di "buongiorno" e "buonasera". Non serve grande sforzo: anche il più ipocrita ed esperto a recitare la parte prima o poi finisce involontariamente per tradire ciò che voleva nascondere.

Il problema della formazione al sacerdozio è la pretesa che le lettere dimissorie equivalgano ad un certificato di abilitazione professionale: se il candidato non è adattissimo a fare il mestiere del parroco secondo le previsioni di produttività prestabilite dalla cricca curiale, allora o lo si costringe con la forza o più facilmente lo si sbatte fuori. Dopotutto alla Chiesa le vocazioni non servono a niente (“Tre vocazioni qui sono anche troppe”, come disse quel gran frocione del preposito dal culo sfondato, facendosi sentire più da Nostro Signore che da noialtri).

Quel buon Vecchio Amico, comunque, dopo il terzo anno non ne poté più: troppi froci. Per cui non basta neppure tenere un basso profilo e star sempre in camera in silenzio. L'omosessualità - specie quella latente - diventa un problema serio in un ambiente chiuso e tutto maschile, perché introduce tensioni. Prima o poi trovi qualcuno che si ingelosisce, qualcun altro che decide di metterti alla prova, qualcun altro che vorrebbe accasarti (non necessariamente con lui), qualcun altro che crede di aver ricevuto la missione divina di distruggerti lentamente perché non hai dato corda a Tizio e Caio...

Non diversamente va negli ordini religiosi. Come in quello Super Famoso dove la casa di formazione è di fatto un assembramento di coppiette omo. Se non hai scelto il tuo partner, sarà lui a scegliere te. Te ne accorgerai perché diventa un tuo stalker, diventa geloso, si lascia andare a scene di pianto se ti vede parlare per più di un minuto con qualcun altro (cioè sospetta che lo tradisci) o se non gli concedi di permanere a chiacchierare in camera tua per più di venti minuti e fuori orario... I superiori fanno finta di niente, anzi, alzano il rating di quelli più carini. Se ci stai, la tua carriera sarà facile, il successo sarà comodo (ma le rate omo da "pagare" non finiranno mai). Chiudono anche un occhio, finché possibile, sul fatto che qualche tuo commilitone sia andato addirittura prostituendosi (rigorosamente omo) nei cessi della stazione (e magari costui è giunto tranquillamente al sacerdozio): dopotutto, oggidì chi è che non ha bisogno di soldi?

venerdì 26 aprile 2019

Formatori: una precisazione

Il rapporto fra formatori e seminaristi dovrebbe essere quello tra uomini, non quello tra vicine di casa. Tra uomini: "chiamo l'idraulico che detesto, perché risolve il problema". Tra vicine di pollaio: "l'idraulico mi è antipatico, non lo chiamo più! meglio tenermi il problema piuttosto che risolverlo. Inoltre, non chiamandolo, risparmio!"

Tra uomini significa che si bada alla vigna del Signore - anche qualora si trattasse di collaborare a far assumere un operaio per un'area della vigna di competenza altrui. Tra uomini significa che si bada all'essenziale (la fede ce l'ha? avverte la chiamata? è virile? ha mica qualche seria debolezza morale?) piuttosto che all'accessorio (è un tradizionalista? sarà in grado di reggere una parrocchia? parteciperà con florido e dialogante entusiasmo a tutti i consigli pastorali, fiaccolate contro l'antisemitismo e l'omofobia?)