sabato 23 marzo 2019

Primo anno di seminario: sintesi personale

Verso la fine di ogni anno di seminario i superiori chiedono ad ogni seminarista di consegnare una relazione personale in cui aver personalmente descritto le difficoltà e gli ostacoli emersi durante l'anno per quanto riguarda la formazione (spirituale, umana, pastorale e intellettuale), nonché i positivi risultati raggiunti. Il testo andava scritto stando in cappella, in seguito ad almeno un'ora di preghiera silenziosa, e scritto nella massima sincerità.

Ma nonostante l'apparenza di buone intenzioni, tale testo sarebbe stato utilizzato (tanto per cambiare) per aggravare le accuse ai seminaristi che i formatori avevano già nel mirino (cioè i sospetti tradizionalisti). Per cui la prima bozza - quella sincera, sgorgata dal cuore di fronte al Santissimo Sacramento - era impossibile da consegnare ai superiori.

Dopo enorme fatica il nostro eroe partorì la seconda versione, qui di seguito riportata, avendo tentato in ogni modo di ammorbidirla senza dire falsità. Prima di consegnarla, il seminarista tentò per cautela di leggerla ad un commilitone fidato e intrallazziere, il quale lo interruppe al punto 2 della sintesi iniziale gridando con terrore: "ma vuoi farti scacciare dal seminario!? riscrivila daccapo senza dire nulla che possa urtare la suscettibilità dei formatori!" Per cui neppure questa versione ottimista e giuliva fu consegnata.

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Relazione di fine anno - Primo anno di seminario maggiore

In sintesi
  1. il seminarista si è ben inserito nella vita comunitaria ed ha stabilito un rapporto schietto con i superiori;
  2. il tempo a disposizione del seminarista è insufficiente rispetto alle attività richiestegli;
  3. non sempre è stata rispettata la spiritualit๠del seminarista.
Formazione spirituale

Il seminarista ha sopportato pazientemente l’imposizione di preghiere e metodi di preghiera che non sempre hanno rispettato la sua spiritualità. Ha inoltre sopportato malvolentieri alcune indelicatezze² liturgiche.

Indubbiamente positivo invece il rapporto col padre spirituale (anche per la libertà di orario concessa al seminarista) e la possibilità di servirgli Messa di tanto in tanto.

Il seminarista è stato fedele ai tempi di preghiera comunitaria e personale, vissute con serenità e con la stabilità che desiderava, a scapito talvolta³ della salute.

Formazione umana

L’insistenza sullo “stare in sala comune” per “fare comunità” appare ingiustificata in quanto il seminarista, di carattere un po’ riservato ma decisamente allegro, è riuscito a costruire (e continua a costruire) rapporti umani⁴ stabili e sinceri anche con persone in difficoltà.

Il seminarista è stato fedele a tutti gli incarichi e servizi che gli sono stati affidati (a meno di motivi di salute⁵, ed a costo di piccoli⁶ rimproveri da parte di qualche professore), nonché sempre disponibile nei confronti degli altri – ma dovrebbe esserlo meno sia perché di ciò alcuni⁷ ne approfittano, sia a causa del carico di impegni e servizi.

Formazione pastorale

Giudizio positivo a causa della vicinanza alla diocesi, per cui è stato possibile, quasi tutti i fine settimana, prestare servizio nella parrocchia assegnatagli. Secondo l’indicazione dell’Animatore ad inizio anno, e in accordo⁸ col Parroco, non ha ricevuto incarichi impegnativi, rinviati al prossimo anno⁹.

Formazione intellettuale

I discreti risultati raggiunti premiano probabilmente più la formazione culturale precedente che l’effettivo impegno nello studio.

Nonostante infatti i risultati degli esami tutto sommato positivi, a motivo delle numerose attività di seminario (pulizie e servizi personali, comunitari ed intercomunitari, feste, incontri, imprevisti, assistenza a seminaristi e sacerdoti, nonché altri impegni altrettanto praticamente inevitabili nel quotidiano) è stata abbastanza dura riuscire a trovare il tempo per uno studio intelligente e non nozionista.

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Note per la comprensione del testo:
  1. "non rispettata la spiritualità" significa che i formatori si erano ripetutamente e pubblicamente fatti beffe di qualsiasi cosa etichettabile come tradizionale, come se fosse qualcosa di vergognoso e infantile e di ostacolo al sacerdozio
  2. si tratta di numerosi e gravi abusi liturgici perpetrati in nome del "qui siamo in seminario e perciò facciamo le cose in modo più speciale
  3. andare a Messa con la febbre a 39 in onore del Signore, sì, ma anche perché nei riguardi dei sospetti tradizionalisti c'è un ossessivo controllo presenze
  4. la fissazione del "fare comunità" e del "relazionarsi" è psicologismo gesuitante da quattro soldi. In seminario occorre perennemente recitare la parte delle oche giulive
  5. se sei nel mirino vorranno considerarti "a prescindere" un lavativo pelandrone scansafatiche pigrone inadatto al sacerdozio; se sei una delle checche favorite dei formatori qualsiasi scusa sceglierai sarà buona per scansarti turni e servizi
  6. al docente non interessa che il carico di servizi ti abbia impedito di essere presente, e al formatore non interessa che in certe occasioni il docente abbia deciso a sorpresa che era necessaria la tua presenza. Pertanto, dovendo scegliere quale callo pestare, hai scelto quello che dava meno conseguenze in diocesi (e a fine anno hai ricordato che era necessario tentare di minimizzare l'accaduto)
  7. le checche preferite dei formatori consideravano poco meno che camerieri coloro che erano nel mirino. Quel largo giro di parole serve per stemperare le delazioni delle checche senza offrire terreno alla gravissima accusa della mancata "disponibilità"
  8. un sospetto tradizionalista non può essere assegnato a incarichi normali (catechesi, attività educative, ecc.) perché promuoverebbe la Tradizione invece che la froceria. Pertanto il parroco ti dice: "starai con i ragazzi", cioè sarai il clown che ciondola nei locali della parrocchia ad uso dei ragazzini annoiati (che peraltro già stravedevano per te). Il parroco non sapeva che anche l'animatore del seminario aveva suggerito la stessa inutile attività in nome di un imprecisato crescere nel dialogo
  9. wishful thinking. In realtà ogni anno era uno "starai con i ragazzi".

mercoledì 20 marzo 2019

Rapporto: primo anno di seminario

Formazione spirituale
  • Professionisti dell’entusiasmo (testimoni di una fede fatta solo di “animazione”, formalismi, paroloni, cantatine).
  • Abusi liturgici – primo fra tutti “l’anafora di san Basilio” (neppure al Vescovo faceva piacere che si usasse una preghiera eucaristica non riportata nel messale), la comunione “self‑service” (indelicatezza nei confronti dell’Eux, oltre che declassamento e ridicolizzazione del ruolo del sacerdote), diverse pagliacciate con gli abiti liturgici (tollerate quando non incoraggiate).
  • Insistenza sospetta sulla preghiera spontanea (spiritualismo fideista e pentecostalista).
  • Linguaggio ambiguo – termini mai usati: grazia, morte, inferno, purgatorio, paradiso, resurrezione dei corpi (la conoscenza delle verità di fede è data per scontata).
  • Riduzione della fede a organizzazionismo, insieme di regole e regolette, breviari e libretti dei canti, canzoncine e ricerca continua di “novità” perché “tanto per cambiare un po’” (noia mortale).
  • Riduzione della confessione ad una devozione qualunque, da “giornata penitenziale” (come se fosse estranea alla Comunione).
  • Linguaggio ambiguo (come se il sacerdozio equivalesse al mestiere del parolaio): ideologia della “Parola”, da cantare o declamare pomposamente.
  • Messa feriale mai inferiore ai 55/60 minuti (pesantezza liturgica annoiante), nonché raffica di preghiere e preghierine giusto per accontentare anche i “bigotti” (falsa “par condicio”).
  • Atmosfera di sacralità proporzionale agli addobbi in cappella (alla faccia del tabernacolo che è sempre lo stesso...).
  • Imposizione di preghiere e preghierine, nonché controllo poliziesco delle assenze e dei ritardi anche nei casi di attività “libere” (totalitarismo pastorale).
  • Riduzione dei luoghi sacri a studio di registrazione – “vado a farmi una suonatina in cappella” (risultato ultimo della “religione del libretto dei canti”).
  • Calici di terracotta, tabernacolo in legno e senza chiave (pauperismo e superficialità spacciati per semplicità), nonché una certa approssimazione nei paramenti sacri e sull’altare in merito a ceri, panni sacri, fiori, etc.
  • Etichettamento come bigotteria a tutto ciò che non è “allineato” all’andazzo (persecuzione non violenta).
  • Scarsa o nulla considerazione dei tempi di preghiera, lettura spirituale e meditazione personali (assolutizzazione ingenua della comunitarietà).
  • Uso eccessivo di “canti da parrocchia” e uso “pro forma” (ma in compenso infrequente) di qualche raro gregoriano (riduzione della dimensione del canto a “zecchino d’oro da parrocchia”).
  • Preparazione sospettosamente finalizzata al ruolo ambiguo di amministratore/animatore di centro parrocchiale (invece che di santo sacerdote).
  • Ecumenismo umanitarista e sincretino (la “religione del dialogo”).
Formazione umana
  • Guerra di nervi (alla faccia della carità cristiana): risposte ambigue con facce ancora più ambigue, sgridate e critiche inviate per terza persona, sceneggiate derisorie, “prediche contro” (camorra pastorale).
  • Libertà sostanzialmente negata (gesti che devono fare “tutti!”) e atteggiamento meschinamente poliziesco; fra l’altro non si può uscire se non il lunedì pomeriggio.
  • Omertà, ipocrisia, sindrome da circolo chiuso (una caserma), atteggiamenti peraltro invogliati (sindrome da gregge di pecoroni e leccapiedi); sincerità e lealtà cedono il passo alla “buona riuscita”.
  • Insistenza comicamente sospetta sullo “stare in sala comune” per “fare comunità” (ideologia sociologica).
  • Tolleranza a maniche troppo larghe per effeminati, falsi, demotivati e tiepidi (in compenso si muove guerra fredda contro chi ha una fede più cosciente e limpida).
  • Iperattività selvaggia (azzeramento del tempo libero, in stile militaresco): uno non ha tempo per sé stesso.
Formazione pastorale
  • Catechesi e omelie tra lo spiritualismo ed il sentimentalismo (testimoni di un’assenza).
  • Testimonianze “esterne” al limite (e talvolta ben oltre) dell’eresia (disattenzione o tacita accettazione?).
  • Riduzione del servizio pastorale a una generica “missione bontà” (buonismo filantropico televisivo e volontarista).
Formazione intellettuale
  • Studio nozionista, tecnicista, schiavo delle mode dell’ambiente teologico; studio meccanico, disordinato, non in vista di una santa formazione sacerdotale, con la generale fissazione del “dialogo”, nonché eresie più o meno ben mascherate nel generale ottundimento filosofico e teologico (cioè: nel migliore dei casi, inutile).