venerdì 29 settembre 2017

Quando il papa non si comporta da papa

Un'altra vittoria del laicismo: trasformare il successore di Pietro nel dittatorello del momento. "Cresce la fronda anti Bergoglio", titolava il Giornale un paio di giorni fa. Che idiozia. Come se contasse più la fronda che il motivo per cui si resiste a viso aperto al successore di pietro.

No, cari redattori del Giornale, non è una fronda: è un popolo che tiene più alla verità che all'esibirsi come tifosi del papa in carica.

Eravamo lo stesso popolo che in tempi di papato ratzingeriano difendevamo a spada tratta il papa. In realtà tenevamo - ieri come oggi - solo alla verità, e perciò parteggiavamo per il papa che la difendeva. Cioè per il papa che faceva tutto sommato il suo mestiere.
«Ora, riguardo alle cose di Chiesa qualcuno ha “imposto” una gabbia di interpretazione per cui tutto viene ridotto a “pro-Bergoglio” e “contro-Bergoglio”, e schiere di giornalisti vi si accodano volentieri. Così quando quattro cardinali hanno resi pubblici i Dubia presentati al Papa, in cui si ponevano questioni decisive per il contenuto della fede dei cattolici, sono stati immediatamente bollati – e da alcuni perfino sbeffeggiati – come “nemici” del Papa. Ottima tattica per evitare di discutere dei contenuti….».


Mi tornano in mente i tanti ricordi dell'epoca del seminario. Quando disprezzare Benedetto XVI era uno sport praticato quasi alla luce del sole. Quando non dimenticavano mai di aggiungere, ogni volta che si nominava il papa, che "morto un papa se ne fa un altro", che un successore potrebbe benissimo far piazza pulita del predecessore, che bisogna sempre adeguarsi al Vaticano II (cioè alla moda del momento nelle sagrestie), ossia avere il "coraggio" di fare un passo più avanti (nel senso di "in direzione opposta") rispetto a ciò che chiede il papa...

Mi torna in mente quel cretino di gesuita che contestò l'enciclica del papa dicendo, con una voce da frocio, "huuu, io non l'avrei scritta così, huuu, non andava scritta così, huuu".

lunedì 11 settembre 2017

Inginocchiarsi? chi, un gesuita?


Tutti in ginocchio, tranne il gesuita.

Sarebbe bello avere la Macchina del Tempo e tornare indietro a vent'anni fa, quando criticavo i gesuiti dicendo che non si inginocchiano davanti al Santissimo perché non credono nella presenza reale del Signore.

E direi a quel giovanotto che criticava i gesuiti: non puoi neppure immaginare quanto hai ragione, quanto ti dispiacerà aver criticato troppo poco il gesuitismo, e che faccia avrai quando ti ritroverai un pontefice gesuita.

venerdì 1 settembre 2017

La psicologa





Verso il quarto anno di seminario il rettore e la sua cricca, avendo difficoltà a trovare scuse per scacciarmi, decisero di noleggiare una psicologa. Lo scopo evidente era quello di rintracciare qualche miserabile pelo nell'uovo per costruire un impianto accusatorio tale da togliermi dalle balle. Per quanto può sembrare incredibile ai non addetti ai lavori, i preti - e specialmente i formatori di seminario - sono abilissimi nell'arte del costruire impianti accusatori campati totalmente in aria. Vi si impegnano per tempi anche molto lunghi, con un accanimento degno di miglior causa, a costo di coinvolgere numerose persone, a costo di far notare che lo stesso metodo condannerebbe ben altri. Se sul Titanic che affonda vedete uno lamentarsi della polvere sugli oblò e sgridare l'addetto alle pulizie di procedere immediatamente a spolverare, ebbene, avete identificato sia il cappellano della nave che il seminarista condannato a non diventare mai prete.

Dunque il rettore, a sorpresa, un giorno mi propose qualche incontro con la psicologa. Chiesi per quale strano motivo ce ne fosse bisogno: avevo mica dato di matto, o cos'altro? Mi disse che tali incontri sarebbero stati un bene per il mio discernimento, che avrei dovuto accettare, e che la Chiesa si serve anche di strumenti laici come quello che possono aiutare i formatori a discernere e a maturare un giudizio (notare i paroloni pomposi: il giudizio, in realtà, l'avevano già maturato: dovevo essere silurato a ogni costo).

Chiesi dunque quale problema c'era a farsi un giudizio su di me visto che erano diversi anni che mi conoscevano personalmente e che avevano potuto sentire più voci - dalle parrocchie, dal seminario, da preti - che li avevano messi in grado di verificarmi. Ma fu talmente fumoso nel rispondermi che mi sentii costretto a insistere con la domanda, e fu lì che svicolò ulteriormente e attuò il piano B, dicendomi che non sarei stato il solo e che la psicologa avrebbe incontrato tutti.

Cosa ci fosse da psicologizzare in un branco di seminaristi di diverse fasce di età dal primo all'ultimo anno di seminario, lo sapevano soltanto il rettore e il suo burattinaio. Stava diventando un segreto di pulcinella, anche i commilitoni sapevano che il mio nome era nella lista di proscrizione - e non per motivi di fede, morale, capacità intellettuali, relazionali, o che altro, no: ero semplicemente antipatico al burattinaio, che ammetteva al sacerdozio (cioè riusciva ad imporre al vescovo) solo i suoi clown-cloni. Non c'è niente di più stalinista di un chierico che teme la libertà altrui.

Facemmo dunque questi incontri settimanali con la psicologa - profumatamente pagata, a spese della diocesi, cioè dei fedeli, cioè anche soldi miei - che miscelò psicologismi d'accatto e paroloni importanti. Il rettore ebbe il suo momento di gloria quando intervenne con malcelato orgoglio per dire che si sentiva più junghiano che freudiano: la psicologa evitò di rispondere a una battuta che offendeva persino le brutte imitazioni della Settimana Enigmistica.

Nella più importante seduta di quelle terapie di gruppo, l'unica che non fosse una lezioncina con domande-trabocchetto, la cicciona virile disse di immaginarci davanti a un bel panorama e di immedesimarci in qualche elemento del paesaggio. Un commilitone prese la parola e si immedesimò in un sasso. Un altro nel mare. Un altro nella luce del sole. Io dissi il vento, cosa che fece mordere il labbro - in un misto di celato stupore e trattenuto furore - al rettore, anche perché in quel momento la psicologa soggiunse sottovoce "ah, un simbolo dello Spirito". Gli altri erano pietre e acqua ed elementi morti del paesaggio, salvo un paio di loro che erano bestie e piante - il sottoscritto era l'unico ad aver (addirittura involontariamente, visto il contesto) indovinato un simbolo teologico ineccepibile.

Lo scopo della virile psicologa era di concludere quella specie di giochino dicendo che ci eravamo allontanati dai simboli teologici, ma dovette smussare alquanto gli spigoli della sua omelia probabilmente confezionata insieme al rettore.

In più, la serie di sedute si concluse ovviamente con l'evidenza che gran parte dei commilitoni erano irrimediabilmente da cacciar via. Chi per crassa ignoranza, chi per manifesta stupidità, chi per invincibile irascibilità... Può in pochi anni un ragazzetto immaturo, chiassoso, ignorante, diventare un prete decente? (per pietà non menziono la loro fede, pressoché inesistente).

Come tutti gli altri ebbi anche il colloquio personale con la virile trippona (era quello lo scopo ultimo degli incontrini: mettermi nelle grinfie di una strizzacervelli per estrarre qualche argomentino sfruttabile contro di me e contro il quale né dal mio punto di vista né dal punto di vista del vescovo sarebbero valse obiezioni), incontro nel quale fui del tutto naturale e adulto - e persino sorridente, perché per un attimo immaginai le corbellerie che avrebbero detto i sunnominati commilitoni.

Benché avessi superato anche questa ridicola prova il rettore, il burattinaio e i loro cloni conservarono e tutto l'odio che avevano contro uno come me. Quella che nel periodo di pre-seminario era celata antipatia, divampò il primo anno come antipatia, e il secondo era già odio - perché ero lì per il secondo anno quando avevano deciso che non avrei dovuto neppure terminare il primo. Figurarsi dunque cosa succede nell'intimo dell'anima di formatori di seminario che hanno irrevocabilmente deciso di cacciarti via (senza alcun motivo riguardante la fede, la morale, le capacità intellettuali, ecc.) e non riescono a costruire un motivo, e si agitano esattamente come coloro che processarono il Signore Gesù.

Bergoglio ora fa sapere a tutto il mondo di essersi non solo avvalso di una psicologa (assurdo: lui, proprio lui, un gesuita, che fa a meno di un direttore spirituale e lo sostituisce con una psicologa), per di più ebrea, che naturalmente in punto di morte gli chiede non il battesimo ma solo di far due chiacchiere (sottinteso: che il mondo sappia che El Jesuita non mi ha convertito affatto!)

Se tornassimo indietro in quegli epici anni di seminario, il rettore scatterebbe in piedi e mi griderebbe con quel sorrisetto sardonico il puntuale crescendo di insinuazioni: "ma se persino il Papa va dalla psicologa! proprio un gesuita, uno che ne capisce di direzione spirituale, non ha remore a farsi aiutare da uno psicologo, anzi, da una psicologa... Tu non vuoi lasciarti plasmare dai formatori? pretendi di essere tu a stabilire quali metodi debbano scegliere per plasmarti?" E il vescovo soggiungerebbe "bisogna essere docili ai propri formatori, plasmabili, la docilità è una componente essenziale..." Adopererebbero la vaccata ponitificia-gesuitica come maglio per colpirmi. Si riterrebbero nel giusto ad aver introdotto come criterio la psicologia spicciola. Saranno felici, oggi, di sentirsi profeti dopo aver fatto le stesse vaccate bergogliane (grazie alle quali è stato promosso un clero che nel migliore dei casi eccelle solo in mediocrità).

Ah, bei tempi quando per l'ordinazione sacerdotale erano richiesti solo un minimo sindacale di capacità umane e una solida spiritualità.

Ed infatti negli anni successivi a quegli incontrini con la psicologa ci fu una raffica di abbandoni - alcuni persino dopo pochi mesi di sacerdozio. Ma essendo profondamente coglioni i formatori e il vescovo semplicemente non hanno imparato la lezione, e continuano alacremente a tirarsi la zappa sui piedi. Pregare per le vocazioni, oggi, è come curare le falle del Titanic con qualche cerotto, perché le vocazioni decenti non vengono promosse neppure per errore.