martedì 17 settembre 2019

Nella vigna vaticansecondista non c'è posto per chi accidentalmente la pensa come il curato d'Ars

«Io non vorrei essere parroco, ma sono contento di essere prete per poter celebrare la Messa». Così disse il santo curato d'Ars.

Il sottoscritto, senza conoscere quelle parole, durante una ricreazione in sala comune, chiacchierando disse a un commilitone: «ma io non ho alcuna fretta di diventare parroco, a me basta poter celebrare Messa e confessare».

Alle mie spalle partì l'immediata escalation fino al vescovo. Che pochi giorni dopo inventò una scusa per dirmi che lui non intendeva ordinare al sacerdozio coloro che non fossero pronti ad essere parroci. Ingenuamente pensai che non ce l'avesse con me e quindi risposi con un blando sorriso di accondiscendenza. E sebbene questo mio atteggiamento fosse stato il meno pericoloso (date le circostanze specifiche) di fronte a tale affermazione, lui in altre occasioni si infilerà di nuovo tale sassolino nella scarpa in modo da toglierselo di nuovo. E mi ripeterà la stessa cosa nel giorno in cui mi dimise. Voleva la "vocazione a parroco", non la vocazione al sacerdozio. Non gli servivano operai per la vigna del Signore: gli servivano operatori della pastorale da abilitare anche a dir Messa.

Sputo con disprezzo su quel vescovo e su quelli come lui. La loro "chiesa" è fatta di strutture organizzative serie, come la "diocesi", che non coincidono mica con la vigna del Signore che per loro è un concetto astratto, un fervorino da predica feriale. Meritano pienamente di essere calpestati dal mondo come il sale che ha perso sapore.

giovedì 5 settembre 2019

Gergo clericale postconciliare, e compatibilità con le mode

Episodio 1. Un giorno c'erano le ordinazioni sacerdotali in cattedrale. Anziché gli occhiali avevo le lenti a contatto. Fuori dalla cattedrale il vescovo, in presenza degli altri seminaristi, non gradì, e mi chiese come mai fossi senza occhiali.

Gli risposi che indossavo le lentine, e lui ripeté la domanda, come se non avesse capito. Gli risposi che erano più comode, che era per non avere la montatura nel campo visivo, che... Mi ripeté pacatamente per la terza volta la domanda, e lì capii che era una sgridata. Ammisi subito che erano anche per una questione estetica. E lui cominciò la solita patetica srotolata: sì, però... è importante, ma non è importante... tuttavia... del resto... comunque...

Come al solito, mentre il Titanic affonda, il capitano urla che le tendine degli oblò sono piene di polvere. Inutile dire che da quel giorno smisi di usare le lentine.

Episodio 2. Un giorno c'erano le ordinazioni sacerdotali in cattedrale. Memore dell'episodio precedente, ero con gli occhiali. Ma avendo già ricevuto l'ammissione agli ordini, mi presentai con la camicia-clergyman, cosa che mi permetteva di non avere sulle spalle altri tessuti, cioè di sopportar meglio la calura estiva. E comunque, se uno «ammesso tra i candidati all'ordine sacro» non la indossa nelle grandi occasioni, quando la indossa?

Fuori dalla cattedrale il vescovo mi raggiunse per chiedermi cosa fosse quella. Lo presi in contropiede: eccellenza, se lei non gradisce, io non la metto più. E lui: sì, però, cioè, insomma, tuttavia, non è importante, ma comunque, però, del resto, cioè, comunque... Poi finalmente trovò un argomento: ...non per mettersi in mostra... E andò via. Il resto del cazziatone me lo fecero i commilitoni, peraltro invidiosi della mia clergy - anche quegli stessi che a loro volta la indossavano, visto che le loro erano grigio-topo col colletto da protestante o da anglicano, e in gran parte dei casi mostravano le loro abominevoli pance.

Episodio 3. Per la solita pioggia di accuse anonime il sottoscritto si guadagnò un cazziatone supplementare dal vescovo. Sapendo di non meritarlo restai in silenzio per tutto il tempo finché non mi congedò. Tre giorni dopo mi chiamò con una scusa e mi fece correre in episcopio da lui, e cominciò a diluviarmi di parole. Per venti surreali minuti sembrò assillato da due cose: cercare di capire se mi fosse rimasto qualche suo sassolino nella mia scarpa di cui un giorno (presumibilmente prossimo) mi sarei vendicato, e cercare di non farmi capire che voleva capirlo. Solo a metà conversazione compresi quei suoi due assilli, ma il cazziatone supplementare lo avevo già digerito e dimenticato per cui fui del tutto distaccato, come la volta precedente, addirittura sorridente e tranquillo, e quando lui se ne fu convinto finalmente mi congedò.

Insomma, puntualissimi a pagare la tassa sulla menta, sull'aneto e sul cumino, ma profondamente ingiusti quando si tratta di devastarti la vita ed efficientissimi nel pararsi il culo.

Episodio 4. Messo al corrente che durante una tornata di esercizi spirituali il sottoscritto aveva fatto la comunione senza usare le mani, il vescovo, durante una tregiorni, preferì essere lui a distribuire la comunione in modo tale che quando arrivai io a mani giunte, anziché dirmi «il corpo di Cristo» mi disse: «no! voglio dartela sulle mani!»

In altre parole si è ostinato coscientemente a considerare l'Eucarestia un aggeggio inteso a verificare la compatibilità con una moda postconciliare. Se in quel momento non avessi avuto la prontezza di mettere le mani a "trono" e accontentare quel patetico asino d'un vescovo - a spese di Nostro Signore, rendendomi purtroppo complice di quel ridicolo show inteso forse a tranquillizzare il deprecabile rettore del seminario che assisteva alla scena -, avrei passato molti altri guai.

Scaricai in confessione tale complicità avvenuta a spese del Corpo di Cristo, ma dopo tutti questi anni mi brucia ancora il ricordo.

E comunque non mi giovò, visto che continuarono a tenermi in seminario in attesa di trovare una scusa decente per cacciarmi, o di indurmi a ritirarmi da solo (specialmente quest'ultima cosa era il loro sogno più accarezzato, poiché quei soggetti bramano di commettere le loro nefandezze potendo dirsi allo specchio "ho le mani pulite, non ho fatto niente", come se ciò li giustificasse davanti a Dio).