Intervista ad un seminarista diocesano
[Intervistatore] Benvenuto, Camillo! Al termine di questo primo anno di seminario, cosa ci puoi dire del tuo cammino verso il sacerdozio?
[Seminarista] [alza le mani come se fosse minacciato di rapina, guarda verso l'alto e dice:] "ACCLAMATE!"
[i] Come, scusa?
[s] "Acclamate!" Cioè, sai, quando ti svegli al mattino con qualche canzonetta che ti ronza nella testa, e ogni tanto, così, di punto in bianco, ne canti un versetto, o solo qualche parola. Non so, hai presente i giovani? La canzonetta del momento è un tizio che dice nel ritornello: "ai wanna go, yea", e i giovani ogni tanto tirano fuori, come se fosse uno starnuto, un "wannagò" oppure "yea". Ecco, dopo un anno di seminario, uno si sveglia al mattino e gli vien voglia di dire: "ACCLAMATE!" che poi è il ritornello di "Acclamate al Signoure, voi tutti nella gioia".
[i] Vuoi dire che i canti del seminario ti sono rimasti impressi?
[s] Altroché! Ci fanno cantare, cantare e ancora cantare, tutte quelle canzonette parrocchiali, anche quelle che non avevamo mai usato. Cosa che normalmente va benissimo alla maggioranza dei seminaristi, che quando tornano in parrocchia alla fine della settimana possono vantarsi: sapete, ora vi insegno un bel canto nuovo, sapete, lo facciamo in seminario, sapete, noi l'ultima strofa la facciamo diversamente. Pensa che il primo momento comune, il primo giorno in seminario, ci portarono tutti in cappella e -indovina?- ci fecero cantare e cantare e poi ancora cantare...
[i] E ricordi anche cosa ti hanno fatto cantare il primo giorno di seminario?
[s] Non ricordo la scaletta di canti, però fu una cosa interminabile. Sai, uno arriva lì col cuore che gli scoppia di gioia: sono in seminario, comincio il mio percorso verso il sacerdozio, è un momento storico della mia vita, in paradiso ci sarà una folla di sacerdoti emozionati nel vedere me e i miei compagni di cammino... e invece quelli del seminario mi smorzano ogni entusiasmo con quei sorrisetti cretini e facendomi cantare le solite rabberciatissime e noiosissime canzonette di parrocchia. Ah, sì, ricordo l'ultimo canto, era il Salve Regina.
[i] Il luminoso canto del Salve Regina! Come fai a dire che i canti parrocchiali sono noiosi?
[s] Ma che luminoso! Fu una cosa suonata alla moviola, trascinata belando, dopo un'ora di canti non se ne poteva più e questi t'infilano pure un Salve Regina col bis dei versetti. Alla fine infatti sbagliammo tutti a cantare il bis, e il rettore del seminario ci degnò del suo finto perdono sorridendoci come un venditore di assicurazioni e dicendoci: beh, qui in seminario alla fine del canto spariamo sempre una salve in più. Si direbbe che ce l'aveva fatta cantare solo per poterci somministrare quella miserabile battutina.
[i] Quindi il problema non è il canto in sé ma il modo in cui si canta. Ma cos'hai contro il canto parrocchiale? Da prete avrai bisogno che i fedeli cantino...
[s] Guarda, forse ancora non lo hai capito: da prete dovrò cantare solo le parti della Messa, e spesso nemmeno quelle, non devo mica cantare quelle cringiate tipo "Acqua siamo noi" o "Vocazione". Sai una cosa? In seminario non insegnano né a celebrare la liturgia, né a cantare le parti proprie della Messa. L'ho saputo dai ragazzi del quinto anno. Che poi cantano anche loro "Acqua siamo noi" e "Vocazione", imperterriti, fino al quinto anno. Insomma, in seminario ci fanno cantare, cantare e cantare canti di parrocchia, e tutto questo serve solo per intrattenerci in cappella e far sembrare "partecipati" i momenti liturgici e le assemblee. Ti sgridano pure! "E che fai, non canti?" Pensa, si cantano quelle canzonette perfino in sala comune come se non gli bastasse cantarle nelle liturgie e nelle grandi occasioni...
[i] Sala comune?
[s] La sala comune è uno spazio "ricreativo", diciamo così (una stanza con due poltrone, qualche sedia, un tavolino, una caffettiera, un mobiletto con suppellettili liturgiche) utilizzata anche come sagrestia della cappella adiacente. La partecipazione alla sala comune fa curriculum. Il primo giorno, dopo pranzo, tornai in camera per sistemare le mie cose e già accorse un commilitone trafelato a reclamare la mia tassativa presenza in sala comune: "altrimenti l'animatore ti farà una pessima relazione!" Uomo avvisato, mezzo salvato...
[i] Animatore?
[s] È il termine con cui si indica il prete responsabile di una comunità del seminario (comunità composta da una ventina di seminaristi). Animatore, proprio come nei villaggi vacanze: incaricato di animare qualcosa che non ha anima... Ma oltre a fare un po' di vita comunitaria con loro (invadente quanto basta, controllore spietato, celebratore di carnevalate), è incaricato anche di redigere a fine anno una relazione su ognuno che verrà utilizzata per dare parere positivo o negativo sul proseguimento del percorso di formazione in seminario, mettendoci così letteralmente alla mercé delle antipatie di un pretino che è stato spedito in seminario per punizione (in diocesi stava combinando grossi guai, e allora il suo vescovo lo tolse per qualche annetto dalla circolazione spedendolo a fare l'animatore).
[i] Torniamo a noi: ma se non ti piacciono i canti della parrocchia perché vuoi essere prete diocesano?
[s] Una cosa alla volta. Non è che quei canti non mi piacciono. Sono brutti, sono brutti e basta. Infatti li si canta solo in parrocchia, cioè dove nessuno conosce il buon gusto. Tu sul tuo posto di lavoro canteresti più "Yu wanna gò" oppure "Tu sei la mia vita altro io non ho"? Mentre lavori ti vergogneresti a cantare i Matia Bazar o un Pierangelo Sequeri? I canti sono brutti e basta: ma guai a lamentarsene! Ci vuol poco a farsi cacciare dal seminario! "Accla-mate al Signòòòòò-re! (ta-pum, ta-pum) voi tutti della teeeee-rrà! (pim-pum, pim-pum)" E guai se non canti.
Poi una volta prete le cose cambiano. Si può gentilmente chiedere di sopprimere qualche canto, di introdurne qualche altro, e di evitare di trascinare i canti come se fossero un cadavere con le mosche intorno. Io ho già deciso il mio motto sacerdotale: "poco ma bene". Vale anche per il canto. Cantare poco (molto poco) ma cantare bene (ma molto bene). Guarda, è stato proprio questo zecchino d'oro seminaristico durato tutto l'anno a convincermene. Quando entrai in seminario non la pensavo così, mi illudevo che almeno sul canto si facesse poco e bene, che ci si distinguesse dal tipico marasma parrocchiale. E invece, che delusione. Ora dopo aver cantato per un anno quelle emerite stupidaggini, mi sono venute a nausea (mi vennero a nausea il primo giorno!) e penso che di fronte a Dio sia mio impellente dovere evitare di farGli sentire quelle patetiche canzoncine...
[i] Insomma, non ti piacciono né i canti della parrocchia né il modo in cui vengono cantati.
[s] Esatto. Sono strumenti per deturpare la liturgia, un modo per ridurre la liturgia a una cosa insopportabile. La cosa terribile in seminario è che la maggioranza dei seminaristi al momento del canto si comportano come dei robot. Mettono il pilota automatico e cantano quelle sbobbe e non se ne stancano mai. E quindi al mattino in corridoio senti uno che grida: "Acclamate!" o uno che canta: "Mille e mille grani nelle spighe d'or!" come se stesse recitando la parte del pirla nel film-documentario Scemo e più scemo.
Quel repertorio di canti è di una stupidità mostruosa, una cringiata pazzesca. Sono tutti stati composti da emeriti dilettanti nei primi anni '70, e poi non si è più riusciti a spazzarli via perché intere generazioni di cristiani hanno dovuto cantarli per decenni. Pensa che ancor oggi si canta quell'orrore di "Symbolum '77" o quel canto perfettamente agnostico di "Risposta non c'è o forse chi lo sa". L'abbiamo cantata perfino in seminario, e sai perché? per "variare". Già. Per "variare" il nostro già noioso repertorio abbiamo cantato un canto dichiaratamente agnostico rinnegato perfino dal suo stesso autore quando si convertì (al protestantesimo). Per non parlare dei canti comunisti ("Lotta per un mondo nuovo!").
[i] Ma non vorrai dire che il seminario, per preparare un prete alla diocesi, fa solo cantare?
[s] Non solo lo vorrei dire, ma lo vorrei gridare. Però guai a criticare, guai a fare osservazioni, anche innocenti: si passa subito per i bastian contrari che credono di saper meglio di vescovi e rettori come si fa a gestire un seminario. E per nemici del canto liturgico ("chi prega cantando prega tre volte!", sì, certo, ma valeva per il gregoriano, mica esigeva di trascinarsi su canzoncine imbecilli e teologicamente discutibili). Quindi, il massimo che ho potuto fare, è tentare di far entrare sottobanco qualche canto meno patetico rispetto alla media. Missione quasi completamente fallita, per cui ogni volta che mi è stato possibile ho evitato di cantare o... cantato in play-back. Muovendo solo la bocca e stando attento a non "centrare" le parole.
[i] Eeeh, canti in play-back!?!?! Solo perché non si canta quel che piace a te?
[s] Quando i seminaristi cantano rumorosamente puoi anche fingere di muovere solo le labbra e sforzarti di pensare ad altro, perché poi quelle canzonette ti trapanano il cervello: "Ho bisogno di incontrarTi nel mio cuore": come sarebbe a dire "nel mio cuore"? Allora i sacramenti a che servono? Ma di che stiamo parlando? Di un'entità astratta? Di un sentimento? E allora veramente ci vuole il play-back: ci vuole perché tutti controllano tutti, e io già dopo due settimane sono stato rimproverato dall'animatore perché non cantavo (cioè non aveva sentito abbastanza decibel fuoriuscire dalla mia bocca). All'inizio il rimprovero è dolcino e delicatino, per cui non ci avevo fatto caso. Ma uno dei miei compagni di classe mi ha avvisato di nascosto: attento che se lo segnano, e te lo ritrovi nella relazione di fine anno, e ti fanno storie, un sacco di storie! Così, per non passare per disubbidiente, fingo di cantare ogni volta che posso fingere. Vorrei anche dire che faccio di tutto per scansarmi i canti, però raramente ci sono riuscito. Il controllo è ferreo. Il primo anno di seminario passato praticamente cantando, anzi, peggio, tutti e cinque gli anni di seminario son da passare cantando, visto che quelli che finivano il quinto anno stavano ancora a cantare quelle robacce: "ho bisogno di incontrarTi nel mio cuore".
[i] Allora dimmi cosa ti piacerebbe che si cantasse in seminario.
[s] A sant'Agostino attribuiscono il detto che chi canta bene (e sottolineo bene) prega tre volte (visto che in seminario cantavamo trascinati, non abbiamo cantato bene, vuol dire che abbiamo pregato almeno il novanta per cento in meno di quel che c'è scritto nell'annuario del seminario).
Io vorrei che in seminario si cantasse pochissimo. Vorrei anche che al quinto anno si dedicasse tempo per esercitarsi a cantare il proprio della Messa. Ma non posso assolutamente parlarne, se non con i compagni di seminario più fidati e più discreti in assoluto (sperando che restino tali). Infatti ci vuol poco a passare per bigotto. Se in sala comune canti canzoni laiche ti sopportano (ma non ti cacciano dal seminario). Se nomini anche solo la possibilità di imparare a cantare il proprio della Messa, sei "uno che già si sente prete" (cioè sei un ribelle da cacciar via), sei un bigotto (cioè sei un tipo pericoloso da cacciar via), forse sei addirittura un tradizionalista (cioè sei un tipo pericolosissimo da cacciar via subito). Se invece canti "servo per amore" in cappella, in sala comune, nei corridoi, nessuno protesta, anche se quel canto dice che devi essere "sacerdote per l'umanità" (che è una cosa assurda: io voglio essere sacerdote per Cristo, e che poi questo fatto implichi un vantaggio per l'umanità, tanto meglio, ma io voglio essere per Cristo, non "per l'umanità", che sa tanto di assistente sociale. Ecco, a furia di cantare canzonette "vocazionali" cretinissime, uno finisce per credervi ciecamente, finisce per credere che il sacerdozio sia l'impiego in una ONG come assistente sociale, finisce per trovar normale che l'incarico di formatore di seminaristi venga chiamato "animatore").
[i] Praticamente nessuno in seminario sarà d'accordo con te...
[s] Purtroppo è vero. La domenica sera, di ritorno dalle parrocchie, li senti parlarne, li senti che dicono: eeeh, io al gruppo giovani ho fatto fare questo canto e quest'altro, oooh, io al gruppo cresimandi ho fatto fare quest'altro canto e quell'altro pure, iiih, io al gruppo dei bambini li ho costretti a cantare due volte "Acqua siamo noi" perché sbagliavano a dire "da un'antica sorgente veniamo"...
Sono seminaristi perfettamente inseriti nel "sistema". Non so come facciano (secondo me manca loro qualche rotella) perché uno sano di mente non saprebbe essere così passivamente meccanico. Cantano e contemporaneamente ti controllano perché, indovina un po', mors tua vita mea: quando il branco identifica il soggetto debole, lo punta e lo indica al sadico capobranco, che quindi per un pochino lascia in pace i fedeli delatori...
[i] Dai, esagerato...
[s] Fammi finire. Io ho parlato di seminaristi, ma la cosa è ancora più terribile se pensi agli animatori e al rettore. Non si stancano mai di sentir biascicare quelle canzonette, sempre le stesse, sempre più trascinate. Anzi: ci tengono! Ci tengono a vedere esibita in cappella la lavagnetta con i numeri dei canti da eseguire: I (introduzione), O (offertorio), F (finale), eccetera. Sei canti per ogni Messa. E magari qualche stachanovista dei canti che al momento della Comunione (dai, il momento più importante, quello che hai il cuore in lacrime di gioia e di desiderio) annunciano: "Canto Di Comunione: 'Ci' Trentuno: Ti Seguirò".
E così fino alla fine del quinto anno dovrò cantare quel "t'inseguirò" a velocità di moviola, come oche ubriache: "queee-queee-quequeee", per evitare qualche noticina in rosso nella relazione di fine anno che mi azzeri la carriera. I vescovi sono assetati di preti ma non vogliono essere responsabili della scelta di un pessimo candidato, per cui delegano tutto al seminario e proprio per questo i formatori hanno ampio potere discrezionale... e possono rovinare per sempre un seminarista semplicemente obiettandogli che non canta con entusiasmo le squallide canzonette parrocchiali.