sabato 9 marzo 2024

Quelli che confondono la vocazione con l'incarico diocesano

Se ti danno un calcio negli stinchi ti sfugge un'incomprimibile espressione di dolore. Lamentarsi non fa passare il dolore, ma è un segno che il dolore c'è ancora, che un danno è stato fatto. E se a quel calcio ne seguono altri dati con la stesso cinico sadismo, ci vorrà ancor più tempo prima che il dolore si attenui. E se quei calci sono durati per tanti preziosi anni della tua vita...

In tempi normali i pastori della Chiesa si chiederebbero: il candidato ce l'ha la fede? è convinto di avercela la vocazione? ce l'ha una dirittura morale? bene, tre risposte positive, lo si può ordinare, nella vigna del Signore c'è sempre bisogno di altri operai, poi si vedrà.

Ma non viviamo in tempi normali. Viviamo in tempi in cui l'esimio vescovo ebbe a dirmi che lui ordinava "per la diocesi", cioè con l'intenzione di dare nomine in parrocchia, utili alla diocesi, cioè se non riteneva adatto a tali incarichi il candidato, che quest'ultimo se ne andasse altrove. Lo diceva con convinzione, con tutta una complessa selva di espressioni per addolcire l'amara pillola, ma il senso era quello: mi stava dicendo che il sacerdozio per lui era un incarico, che la vocazione coincide con l'incarico in parrocchia. (Quando mi ci ritrovai a tu per tu osai chiedere con curiosità e senza alcuna ironia - all'ispettore dei salesiani, al provinciale dei gesuiti, ecc. - come fosse originata la loro vocazione, e seppero rispondermi solo con un elenco di attività svolte in gioventù, come se non avessero mai vissuto quel terremoto interiore, quella scoperta a cui ci si arrende con commozione e gioia, quel percepire l'inizio di una vita nuova che rende ridicola quella precedente, vita nuova che qui osiamo chiamare "vocazione").

E quando a quel vescovo che confondeva la vocazione con l'incarico in parrocchia mi permisi di chiedere "se non qui, dove?", non seppe rispondermi. Non mi voleva in diocesi ma dopo tutti gli anni di "formazione" non aveva idea di dove sarei stato adatto. Menzionò un paio di ordini religiosi a caso, come lo studentello impreparato all'esame che tenta di buttarla in calcio d'angolo. L'unica emozione che sembrò tradire fu il sollievo quando finalmente stavo andando via.

Ma anche quel bravo vescovo disponibile ad accogliere me e altri due amici nelle mie stesse condizioni finì per spedirci dal suo Responsabile delle Vocazioni, un pretino insulso che cominciò tutta una severissima litania: non è detto che vi accoglieremo, non è detto che diverrete preti, non è detto che entriate in seminario, non è detto che completerete il periodo di prova, che non si sa quando comincerà e non si sa quanti anni durerà... Quando ci fece questo discorsetto, avrei dovuto chiedergli se lui, a suo tempo, fosse stato "accolto" allo stesso modo (più fanno omelie sull'"accoglienza", e più si comportano da cinici persecutori e muri di gomma), o meglio, chiedergli: ma scusa, la tua vocazione in cosa consiste? Voglio anche venirti incontro e presumere che alla diocesi si siano presentati candidati stranissimi, loschi, senza fede, senza vocazione, senza dirittura morale, ma tu, ancor prima di conoscerci - e nonostante il parere positivo del tuo stesso vescovo - già ci stai facendo capire che ci ostacolerai in ogni modo? Ma tu che sei Responsabile delle Vocazioni, te l'hanno mai spiegato cos'è una vocazione?

E se proprio non capisse, insistere e chiedergli: te l'hanno mai spiegato che questa è una diocesi? Cioè non è un ordine religioso dove al candidato sono richieste delle qualità in più. Un francescano puoi declassarlo a diocesano senza fatica, ma un diocesano, per promuoverlo a francescano, devi prima assicurarti che sia propenso a digiuni e povertà, dico bene? Di cosa diavolo avete paura quando siete così precisini, così schizzinosi, così diffidenti?

(Ve lo dico io: vogliono una diocesi fatta di clown intercambiabili; vogliono che nello scambiare i parroci delle parrocchie X e Y nessuno si accorga della differenza perché le prediche sono sempre le stesse - specialmente nell'insignificanza -, che le attività siano sempre le stesse, che i sottoincarichi - specialmente del sostituto del viceresponsabile delle fotocopie - restino sempre gli stessi: vogliono dei robot anonimi, non dei sacerdoti)