Il seminarista non ha alcun diritto nelle odierne leggi ecclesiastiche: l’esito del suo percorso educativo è basato interamente sull’arbitrio dei superiori. Nella maggior parte dei casi si può ben escludere che esso sia esercitato onestamente, non c’è nulla che tuteli dagli abusi. Un seminarista giudicato negativamente sulla base di fatti opinabili oppure calunniato da terzi non gode di nessun tipo di tutela, a differenza del clero ordinato che invece ha possibilità di ricorso sulle decisioni dei superiori se giudicate meritevoli di appello. I superiori rilasciano ogni anno una relazione sul seminarista che viene consegnata al vescovo diocesano. Il seminarista non ha alcun diritto di conoscerne il contenuto: la missiva è riservata. Nel caos ecclesiale odierno si capisce che questo sistema è perfetto per imporre un pensiero unico e controllare eventuali deviazioni: non basta che l’opinione negativa su una persona, non importa se supportata da fatti oggettivi o meno. Il seminarista può vedere compromesso gravemente il suo percorso sebbene esista la possibilità di poter avere una seconda chance in un altro seminario: nei fatti è però molto improbabile che un secondo seminario accetti un candidato giudicato già negativamente da un altro. Si comprende dunque con quanta facilità è possibile scartare un candidato che sia di impostazione tradizionale o semplicemente non sia perfettamente aderente alla corrente dominante; risulta altresì comprensibile il progresso di quei candidati problematici – sia dal punto di vista umano che morale – che però meglio si adattano al sistema.[A. Maccabiani, ma con una leggera precisazione]
«Perché non si può difendere il Corpo di Cristo offendendo il Corpo sociale di Cristo».
sabato 30 giugno 2018
Dove muoiono le vocazioni
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