lunedì 8 luglio 2024

Quell'8 luglio 2007

In quel fatidico 7 luglio 2007 Benedetto XVI promulgava il Summorum Pontificum che diceva ciò che noialtri (perennemente caricati di etichette dispregiative, come il «lefebvrist'!» dettomi da un'amica suora indinniata dell'esistenza di fedeli alla Tradizione) avevamo sempre saputo, e cioè che la liturgia tradizionale non era mai stata abolita.

Di più, il Summorum stabiliva che tutti i sacerdoti erano liberi di celebrarla. E la lettera di accompagnamento spiegava ai riottosi vescovi (non solo francesi) che «ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso.» Avevamo finalmente diritto di cittadinanza nella Chiesa!

Il mattino dopo, come di consueto, accompagnai il priore a celebrare nella cappella del borgo la Messa delle otto. Stavolta, però, ero con talare, fascia e saturno d'ordinanza. La mezza dozzina di nonnette del borgo, nel vederci camminare per le stradine abbigliati "come una volta", faticavano a non sorridere di contentezza. (La mazzata sarebbe stata solo per i vanesi che adoravano sfoggiare la talare solo quando c'era da farsi notare, ma che negli altri momenti preferivano un abbigliamento da debosciati a cui si è guastato il climatizzatore).

Non ebbi molte altre occasioni di girare in talare fuori da un contesto liturgico. Ma quell'8 luglio fu speciale, perché quel giorno girare in talare lanciava l'inequivocabile messaggio: "non siamo più dei paria, non siamo più quelli «sbagliati»: ciò che per le generazioni anteriori era sacro...".

Poco meno di sei anni dopo ci ritrovammo il catastrofico papa Buonasera. Confidai ad un amico di cui ho sempre avuto grande stima le mie primissime perplessità. La sua reazione fu spropositata: mi chiese polemicamente "ma mica crederai che Francesco voglia proibire la Messa tridentina?!" A domande del genere si può rispondere solo con brutale sincerità: "sì", gli dissi, ma prima che potessi spiegare per sommi capi come avessi maturato tale timore, mi spinse il braccio con disappunto dicendo "ma va', esagerato".

Mi piacerebbe ricordargli quel momento, viste le voci sul drammatico giro di vite in arrivo nei prossimi giorni contro la liturgia tradizionale. Mi chiedo senza alcuna ironia se domenica prossima rischi di essere l'ultimo giorno in cui posso ancora assistere senza troppi problemi alla Messa tridentina. Mi verrà tolto "diritto di cittadinanza" nella Chiesa? La domanda non è peregrina, visto che la nefanda Traditionis Custodes del 16 luglio 2021 proibisce ai nuovi sacerdoti di celebrarla. Un documento ha tolto loro la "cittadinanza", così, senza motivo (e solo chi vuol prenderti in giro ti dirà che il motivo è descritto in quelle prime righe sui "custodi della tradizione").

Fin dagli inizi, il papa Buonasera non ha mai smesso di deluderci, umiliarci, calpestarci. Come se fossimo non gli agnelli e le pecorelle affidati al buon pastore, ma l'errore da estirpare, il fastidio di cui egli si vorrebbe liberare. Nei primi mesi, quando si venne a sapere che sarebbe andato a Caserta, i cattolici della zona - a cominciare dai vescovi - ne implorarono umilmente la presenza, pronti a osannarlo "a prescindere", ma Bergoglio aveva premura solo per uno sconosciuto pastore protestante (sedicente "evangelico") e non sembra certo per invitare quest'ultimo a rinnegare l'eresia. 

Così, nei loro comodi salotti i kattoliconi dalla pancia piena si cimentarono tutti nel nuovo sport dello scovare immaginarie strategie comunicative bergogliane, del giustificare il caratterino argentino fingendo che "un papa maleducato è pur sempre un papa", dell'inventare sempre nuovi alibi per far sembrare accettabili quelle esternazioni che sotto sotto sbigottivano anche loro... e, per i nomi più famosi, sperare che la randellata del giorno fosse sempre per qualcun altro. I blogger kattolici che prima si crogiolavano nel ripostare gli interventi ratzingeriani trovandoli puntualmente "bbbbellissssimi", ora arrancavano a mettere insieme paginette che sembrassero altrettanto entusiaste per la propria vita di fede. A poco a poco si ritirarono quatti quatti su altri argomenti: meglio discettare di qualcosa di tradizionalmente cattolico che il Bergoglio non ha menzionato (cioè non ha deturpato), così da poter far finta di non aver sentito la gesuitica stronzata del giorno. E quando El Jesuita la sparava veramente grossa - come ad esempio quel mefitico Amoris Laetitia o quel "chi sono io per giudicare?" - bastava assentarsi qualche giorno dal dibattito, fingere di non sapere che i furbetti non aspettavano altro che una nuova dose di ambiguità interpretabili a 360°, e lasciare che i titoli di prima pagina della cronaca ecclesiale si occupassero di altro. (Il nome di questo blog ricorda una di quelle sparate, «perché non si può difendere il Corpo di Cristo offendendo il Corpo sociale di Cristo». Con l'allusione blasfema del porre il Santissimo Sacramento sullo stesso piano dei fedeli).

lunedì 1 luglio 2024

Dieci anni e nulla è cambiato

Dieci anni fa nasceva questo blog. Titolo e sottotitolo venivano da alcune considerazioni sul Bergoglio, "il Papa Buonasera", e che aveva dato a intendere che per proteggere l'ipersuscettibilità del corpo "sociale" (i fedeli modernisti) si poteva anche procedere a mettere in secondo piano (leggasi: trattare con sufficienza, insultare) il Corpo di Cristo.

Ciò che disse (o insinuò) el jesuita non era per nulla differente da ciò che avevano sempre fatto e detto i miei superiori di ogni comunità e seminario e diocesi. "La pastorale, la pastorale!" Con l'ascesa del Bergoglio, era come se si fossero avverati i loro desideri. "Non si può dire a un giovane che tale cosa è peccato, perché altrimenti si allontanano i giovani" (la rinuncia al munus docendi), "bisogna stare in mezzo alla gente" (la rinuncia al munus gubernandi), "mica uno deve limitarsi ai sacramenti" (sottinteso: sono un'attività come tutte le altre, magari secondaria: la rinuncia al munus sanctificandi, si stufavano di confessare, si stufavano di celebrare, si stufavano di portare la Comunione ai malati, ma non si stufavano mai di amministrare il Sacramento a peccatori impenitenti che hanno mangiato la loro condanna).

Volevano una Chiesa-federazione di centri sociali, fatta di riunioni, di sospiri, di assemblee pseudosessantottine ma piene di sorrisi, di frasi fatte, di "ascolto" (cioè che non avesse nulla da insegnare), di salamelecchi autocompiaciuti, di incensazione del mondo, di eterno chieder perdono per cose mai fatte... volevano una Chiesa suicida. Letteralmente la stessa moda autolesionista dell'uomo bianco etero che deve scusarsi col mondo per la propria esistenza.

A furia di bergoglionate, dall'Amoris Laetitia al Fiducia Supplicans passando per il Traditionis Custodes e la stangata anti-tridentina in arrivo, finalmente un po' di gente ha cominciato ad aprire gli occhi. Compresi - vogliamo sperare - gli spettacolari coglioni che si sforzavano di essere papisti.

sabato 9 marzo 2024

Quelli che confondono la vocazione con l'incarico diocesano

Se ti danno un calcio negli stinchi ti sfugge un'incomprimibile espressione di dolore. Lamentarsi non fa passare il dolore, ma è un segno che il dolore c'è ancora, che un danno è stato fatto. E se a quel calcio ne seguono altri dati con la stesso cinico sadismo, ci vorrà ancor più tempo prima che il dolore si attenui. E se quei calci sono durati per tanti preziosi anni della tua vita...

In tempi normali i pastori della Chiesa si chiederebbero: il candidato ce l'ha la fede? è convinto di avercela la vocazione? ce l'ha una dirittura morale? bene, tre risposte positive, lo si può ordinare, nella vigna del Signore c'è sempre bisogno di altri operai, poi si vedrà.

Ma non viviamo in tempi normali. Viviamo in tempi in cui l'esimio vescovo ebbe a dirmi che lui ordinava "per la diocesi", cioè con l'intenzione di dare nomine in parrocchia, utili alla diocesi, cioè se non riteneva adatto a tali incarichi il candidato, che quest'ultimo se ne andasse altrove. Lo diceva con convinzione, con tutta una complessa selva di espressioni per addolcire l'amara pillola, ma il senso era quello: mi stava dicendo che il sacerdozio per lui era un incarico, che la vocazione coincide con l'incarico in parrocchia. (Quando mi ci ritrovai a tu per tu osai chiedere con curiosità e senza alcuna ironia - all'ispettore dei salesiani, al provinciale dei gesuiti, ecc. - come fosse originata la loro vocazione, e seppero rispondermi solo con un elenco di attività svolte in gioventù, come se non avessero mai vissuto quel terremoto interiore, quella scoperta a cui ci si arrende con commozione e gioia, quel percepire l'inizio di una vita nuova che rende ridicola quella precedente, vita nuova che qui osiamo chiamare "vocazione").

E quando a quel vescovo che confondeva la vocazione con l'incarico in parrocchia mi permisi di chiedere "se non qui, dove?", non seppe rispondermi. Non mi voleva in diocesi ma dopo tutti gli anni di "formazione" non aveva idea di dove sarei stato adatto. Menzionò un paio di ordini religiosi a caso, come lo studentello impreparato all'esame che tenta di buttarla in calcio d'angolo. L'unica emozione che sembrò tradire fu il sollievo quando finalmente stavo andando via.

Ma anche quel bravo vescovo disponibile ad accogliere me e altri due amici nelle mie stesse condizioni finì per spedirci dal suo Responsabile delle Vocazioni, un pretino insulso che cominciò tutta una severissima litania: non è detto che vi accoglieremo, non è detto che diverrete preti, non è detto che entriate in seminario, non è detto che completerete il periodo di prova, che non si sa quando comincerà e non si sa quanti anni durerà... Quando ci fece questo discorsetto, avrei dovuto chiedergli se lui, a suo tempo, fosse stato "accolto" allo stesso modo (più fanno omelie sull'"accoglienza", e più si comportano da cinici persecutori e muri di gomma), o meglio, chiedergli: ma scusa, la tua vocazione in cosa consiste? Voglio anche venirti incontro e presumere che alla diocesi si siano presentati candidati stranissimi, loschi, senza fede, senza vocazione, senza dirittura morale, ma tu, ancor prima di conoscerci - e nonostante il parere positivo del tuo stesso vescovo - già ci stai facendo capire che ci ostacolerai in ogni modo? Ma tu che sei Responsabile delle Vocazioni, te l'hanno mai spiegato cos'è una vocazione?

E se proprio non capisse, insistere e chiedergli: te l'hanno mai spiegato che questa è una diocesi? Cioè non è un ordine religioso dove al candidato sono richieste delle qualità in più. Un francescano puoi declassarlo a diocesano senza fatica, ma un diocesano, per promuoverlo a francescano, devi prima assicurarti che sia propenso a digiuni e povertà, dico bene? Di cosa diavolo avete paura quando siete così precisini, così schizzinosi, così diffidenti?

(Ve lo dico io: vogliono una diocesi fatta di clown intercambiabili; vogliono che nello scambiare i parroci delle parrocchie X e Y nessuno si accorga della differenza perché le prediche sono sempre le stesse - specialmente nell'insignificanza -, che le attività siano sempre le stesse, che i sottoincarichi - specialmente del sostituto del viceresponsabile delle fotocopie - restino sempre gli stessi: vogliono dei robot anonimi, non dei sacerdoti)