martedì 17 novembre 2015

Quella sorpresaccia di cui si lavavano le mani...

Quando ero in seminario, l'avanzamento di carriera (cioè i ministeri istituiti) era il momento più desiderato dal seminarista. Era il momento in cui formalmente le autorità riconoscevano che grosso modo tutto va bene e che il seminarista sta procedendo regolarmente verso il sacerdozio. E perciò era il perno su cui il vescovo e i suoi pretoriani facevano leva quando avevano bisogno di provocare maggior dolore, quando sentivano di dover annichilire un seminarista. A giudicare dagli eventi riguardanti i soli ministeri istituiti, si direbbe che la spiritualità diocesana esiste davvero ed è fondata sui sottili ricatti.

Con uno sporco giochetto mi fu infatti negato l'avanzamento di carriera.

Quindici giorni prima della data di istituzione dei ministeri, un sabato sera, il rettore del seminario mi telefona sul cellulare mentre ero per strada andando in parrocchia. Mi dice che per decisione del vescovo non sarei stato istituito in questa tornata. Il rettore mi invita ad un colloquio, da tenersi però al suo rientro dagli esercizi spirituali parecchi giorni dopo. Ed aggiunge che il vescovo pure è già partito in mattinata e sarebbe rientrato dopo parecchi giorni.

In pratica, all'ultimo minuto utile mi veniva notificata la sorpresaccia e mi veniva detto che era troppo tardi per far cambiare le cose.

Telefonai immediatamente al vescovo. Ebbi la fortuna di trovarlo - non era ancora partito - e gli raccontai in poche parole della telefonata precedente e del mio sbigottimento. Lui, preso alla sprovvista, si lasciò sfuggire che era stato il rettore a decidere. Evidentemente non sapeva ancora cosa rispondere alla mia semplice domanda: "perché?"

Gli risposi che il rettore aveva invece affermato essere stato il vescovo a decidere. Il vescovo si arrampicò sugli specchi: sì, le decisioni le concertiamo, certo, comunque si è deciso così e così deve essere... ("si è deciso così": notare l'uso del verbo impersonale, tipico di chi prende decisioni ingiuste ma non vuole prendersene la responsabilità).

Naturalmente, da quella sera stessa, gli altri seminaristi - ufficialmente ancora all'oscuro della vicenda - cominciarono a trattarmi come un "non persona", come un estraneo a cui si può a stento dire buongiorno e buonasera, qualsiasi sillaba in più sarebbe infettiva, renderebbe compromessi. Il loro atteggiamento di estraneità era tale che in parrocchia ad uno di loro chiesero di me: "ma avete litigato? perché lo tratti così?"

Quindici giorni dopo andai alla Messa con l'istituzione dei ministeri. Dovetti insistere per servire Messa (in quelle occasioni preti e seminaristi vorrebbero in talare e cotta perfino i manichini, pur di aumentare la folla in servizio sul presbiterio). Fui trattato come un "non persona" perfino durante la Messa. Ero l'elemento estraneo, quello con cui anche lo scambiare un buongiorno o buonasera può essere pericoloso per la propria carriera. Persino il vescovo e il rettore del seminario mi tennero a distanza, come si fa con un mendicante seccante e oltremodo insistente. Tenevano a distanza non me, ma la loro coscienza. La mia sola presenza ricordava loro senza dubbio l'ingiusta manovrina. Nessuno voleva rischiare la "carriera" con l'esprimermi anche involontariamente una qualche forma di solidarietà.

La sola eccezione fu ovviamente lo scambio del segno della pace: il momento di massima ipocrisia della vita dei cattolici postconciliari.

Ad un osservatore esterno tutto questo potrebbe sembrare comprensibile se il seminarista "non-persona" fosse accusato di qualcosa di gravissimo (sospetto pedofilo?) o almeno di oggettivamente grave (sedicente veggente con visioni mistiche?).

Nel mio caso il gravissimo peccato era quello di essere "poco dialogante". Eufemismo per indicare uno che apprezza la Tradizione e il Magistero. Per dire uno che freme quando sente una bestemmia o un'eresia. Per dire uno che ritiene tempo sprecato parlare di Abramo e di Mosè a gente che non sa nemmeno come si fa il segno della croce e il motivo per cui è indispensabile la confessione. Per dire uno che convinto che è indispensabile avere la coscienza libera da peccati mortali prima di accostarsi alla Comunione.

La casta pretesca, impegnata solo nel conservare sé stessa e nelle sue piccinerie, non poteva tollerare la presenza di un elemento così estraneo.

E se nel piccolo - con me - si sono comportati così, come meravigliarsi che in casi più importanti si siano comportati allo stesso modo?

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