mercoledì 18 novembre 2015

La casta pretesca

Quella dei preti è una casta a cui si accede solo per cooptazione. Da questo punto di vista non ho da lamentarmi sull'essere stato cacciato via dal seminario. Ho invece da lamentarmi sui metodi che hanno usato.

Il peggiore di questi metodi è stato estrarre dalla mia bocca parole non mie. Hanno costruito domande tali che qualsiasi mia risposta apparisse invariabilmente sbagliata, per poi interpretare comunque nel modo più infame ciò che dicevo. E lo hanno fatto pur sapendo bene che ai superiori non ho mai mentito, e che in particolare col vescovo ho sempre voluto essere più chiaro di un libro aperto.

Dal momento che la gran maggioranza della casta pretesca intende solo procurarsi dei galoppini, è statisticamente normale l'impossibilità di essere onesti con le vocazioni. Le vocazioni serie - quelli convinti sinceramente della propria chiamata al sacerdozio - vengono regolarmente eliminate, poiché tale casta ha bisogno di impiegati del sacro, non di curati d'Ars, ha necessità di paggetti e maggiordomi, non di zelanti pastori per il gregge, ha bisogno di anonimi e intercambiabili funzionari del sacro, non di sacerdoti preoccupati per la salvezza propria e di quella delle anime loro affidate. Il problema principale, nelle diocesi, non è la salvezza delle anime, ma il tappar buchi, il "coprire" le parrocchie, il far sembrare ad un immaginario pubblico che ogni nuova iniziativa stia funzionando.

E questo è anche il motivo per cui i preti pasticcioni, inetti, permalosi e vendicativi fanno regolarmente carriera.

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