martedì 6 ottobre 2020

Seppero mentire, ne godranno i frutti

La perfidia dei formatori di seminario e dei vescovi è particolarmente appuntita quando si tratta di metterti nei guai tenendotene all'oscuro fino all'ultimo momento. Lo scopo di tale tattica - che richiede spesso e volentieri profonde e articolate menzogne - è quello di non darti tempo di organizzare una difesa, sprando di far leva sul fatalismo di chi si vede piovere addosso qualcosa di apparentemente inesorabile.

Nel mio caso non avevano fatto i conti con la mia rapidità. Non una virtù, piuttosto un frutto dell'ansia. Il rettore del seminario mi chiama a tarda sera sul cellulare per dirmi che "per decisione del vescovo" non avrei ricevuto l'accolitato e che sia lui che il vescovo erano in partenza per nonsisadove per tre settimane di nonsisacosa e che comunque era tutto già stabilito e chiuso, non poteva immaginare che avrei chiamato il vescovo immediatamente per chiedere spiegazioni e che il vescovo avrebbe incautamente risposto al telefono. Chiesi subito al vescovo perché mai quella sua decisione, e il vescovo, cadendo dalle nuvole, disse che lui in questi ambiti si limitava a ratificare le decisioni prese dal rettore del seminario. Con estrema franchezza gli risposi che dato che lui e il rettore mi avevano presentato la cosa in modo completamente diverso, avremmo dovuto urgentemente vederci per parlarne. Preso alla sprovvista, il vescovo accettò di vedermi la mattina successiva alle nove e trenta, poche ore prima della sua presunta "partenza".

Il giorno dopo ovviamente non conclusi nulla. Il vescovo fu tutto un arrampicatore di specchi "abbiamo deciso insieme, queste cose si concordano tra il vescovo e il rettore lungo ampie riflessioni", e tutto il latinorum dei bugiardi che ritenne opportuno diluviarmi addosso per confondermi le idee e indurmi a subire e tacere. Conclusi dicendogli che mi fidavo di lui perché era vescovo, e che era profondamente imbarazzante sentire due versioni diverse e dover sospettare che uno dei due - vescovo o rettore - mi avesse non solo "parlato in modo non sufficienetmente chiaro" (non potevo dire esplicitamente "mentito", che quella è gente che si offende a morte) ma anche nascosto le cose. Sua eccellenza fece finta di niente e ripeté l'imbarazzantissima solfa delle decisioni prese in equipe, insieme, ascoltando e vagliando tutti i pareri, e bla-bla-bla-blatinorum.

Mi rendevo ben conto che così facendo stavo distruggendo la mia carriera, ma - sia pure nell'ansia del momento, del vedermi fregato a sorpresa da coloro a cui avevo ostinatamente dato fiducia nonostante le ripetute e puntuali bidonate (eh, l'ubbidienza) - avevo capito che non l'avrei spuntata neppure se fossi divenuto ipocrita come loro.

Col solito giochino di rimpalli di responsabilità e di lavamenti pilateschi di mani e di latinorum postconciliare, andò a finire che il vescovo diede a sé stesso un annetto supplementare di tempo per decidere, anno che avrei dovuto passare in... seminario. Sì, dopo aver completato il seminario dovevo farmi un ulteriore anno di seminario. Così, quando il rettore mi annunciò tale decisione, gli chiesi in cosa esattamente avesse mancanze la mia formazione. E giù un'altro diluvio di latinorum, mentre già mi ipotizzava un impegno settimanale consistente in tre giorni di seminario e tre giorni di parrocchia, come se stesse facendo mercato delle vacche per vedere fino a che punto ero disposto a cedere.

Nemmeno stavolta raccolsi la sfida e gli feci notare che se era così lesto a cambiare programma significava che non aveva le idee chiare. Naturalmente fa più presto un prete a trovare una scusa che una pantegana un pertugio, e dopo qualche altra settimana di rimpalli tra curia e seminario, tra latinorum e aria fritta, finirono per condannarmi ad un anno di servizio in parrocchia (bye-bye seminario) - presso il parroco più diffidente e borioso che avevano a disposizione - e senza stabilire altra data per le "decisioni" sul mio caso. Nel frattempo mi bloccarono la carriera (bye-bye accolitato). E si guardarono bene dall'invitarmi alle grandi occasioni (feste patronali, ordinazioni, ministeri laicali), a cui partecipai puntualmente per evitare ogni più piccolo appiglio di polemiche e perché non potevo permettermi di apparire come l'imboscato. Alla fine anche il parroco mi mentì - dicendomi che lui non avrebbe avuto "grossi problemi" a dare l'OK per la mia ordinazione ma che il suo parere non valeva nulla; e invece sia il vescovo che il rettore affermarono che non potevano non tener conto del parere negativo del parroco...

Era una specie di simonia di segno opposto, come se dicessero: costui l'ordinazione la meriterebbe ma le sue quotazioni nel borsino curiale sono bassine. "Non possiamo dirti di no, ma non vogliamo dirti di sì": si lamentano della scarsità delle vocazioni, e poi scacciano via quelle che non rientrano perfettamente nello stampino di moda del momento. Si lamentano che troppi preti lasciano il sacerdozio, mentre nel frattempo calpestano le rare vocazioni di chi è convinto dal primo all'ultimo giorno della sua chiamata. Si lamentano dell'improvviso cambiamento di attitudine (in peggio) dei preti freschi ordinati, e poi sono i primi a mentire alle vocazioni e farlo a due metri dal Santissimo Sacramento. Ora, certe porcate parrebbero persino legittime se occorre sbarazzarsi di un soggetto particolarmente pericoloso, che so, di un pedofilo riuscito a nascondere le prove. Ma mentire davanti a Cristo sacramentato? E per di più per scacciar via uno che ai loro occhi è ancor più schifoso e odioso di un pedofilo: un "preconciliare", uno che non considera automaticamente morta, sepolta, inutile e dannosa qualsiasi cosa sia etichettabile come "preconciliare".

Una Chiesa che abortisce i suoi figli non ha futuro. Se i preti preferiscono essere sterili, che crepino pure senza "prole" spirituale. Se vescovo e rettore sputano sulle vocazioni e mentono, che si preparino alla stangata delle conseguenze del loro operato. Se per loro anche la più vaga attitudine "preconciliare" è peggio della pedofilia, che si tengano i preti pedofili e tutte le altre serpi in seno, candidate a far loro compagnia tra le fiamme dell'inferno.

E una Chiesa che abortisce i suoi figli non poteva che essere una Chiesa che fa il lockdown preventivo.

Nessun commento: