In poche settimane lessi tutto Arcipelago Gulag di Aleksandr Solženicyn. Duemila pagine che sembravano descrivere la vita di seminario, con poche differenze. La differenza principale era in quei sorrisetti, che i cinici apparatchik esibivano più raramente, e che sulle facce dei formatori erano indubitabile segno che stavano per pugnalarti alle spalle. Il marchio imperdonabile di trotzkista andava sostituito da "tradizionalista". I campi di lavoro degli zek (i detenuti) corrispondevano alle attività di seminario e di parrocchia: stupide, inutili, ripetitive, degradanti (come ad esempio: sguattero e lavapavimenti perché la festicciuola idolatrica splenda più del tabernacolo, perché bisogna "educare al servizio", bisogna "essere sempre disponibili"). Proprio come la triste sorte degli zek, con la differenza che la violenza non era fisica ma psicologica e spirituale. Col risultato di seminaristi portati all'esaurimento perché non andavano a genio a qualche formatore, indotti ad abbandonare la via del sacerdozio perché non erano simpatici a qualche frocio, "riprogrammati" con infiniti ricatti morali per renderli inutili clown. La formazione al sacerdozio intesa come accanimento contro coloro che non sono graditi alla casta frocesca.
Anni dopo rivedo con desolazione quegli anni. Vedo realizzarsi nella Chiesa il porcaio che era stato perfettamente anticipato in seminario. Come ad esempio la moda delle soppressioni per via amministrativa, come avvenuto per l'Ecclesia Dei. Oppure l'azzeramento della dottrina, con la manovra dell'aggiornare il catechismo e le preghiere (pena di morte, "non indurci in tentazione", ecc.), cioè far intendere che ciò che c'è scritto è sempre emendabile, ciò che credi oggi è sempre alterabile. Oppure il velo di silenzio sui cardinali froci. Leggo Corrispondenza Romana e altri cattoliconi on-line, e li vedo tutti impegnati a scolpire riccioli di burro. Scrivono cose giuste -per carità- ma non possiamo perdere il novantotto per cento del nostro tempo su questioni di cronaca senza scorgere il quadro generale. Un qualsiasi frocione finisce sui giornali per merito d'esistenza, e il cattolicume "deve" occuparsene tutto dialogante e incensante.
Il suicidio della Chiesa - di cui il sottoscritto aveva identificato osservandone (a proprie spese) l'autocastrazione vocazionale - è pressoché completo. Vien quasi voglia di rintanarsi nel cinismo del tanto peggio tanto meglio.
Quando sento qualche pretuncolo dire che la vita di seminario è stata per lui tutto sommato una passeggiata, capisco già che è sempre stato irrimediabilmente omologato al sistema. A lui non hanno mai avuto bisogno di contare i minuti spesi a dire frocerie nella saletta comune. Non hanno mai avuto bisogno di contestargli quella cazzo di sciarpa che indossava in inverno. Non è mai stato denunciato ai superiori per aver deriso la bandiera arcobaleno degli invertiti, ancor meno per aver criticato il gay pride. Se l'è cavata perché era omologato al sistema. Gli hanno fatto tenere corsi di cresima perché sapevano che non avrebbe menzionato nulla di tradizionale. Gli hanno fatto tenere la preghiera per i giovanissimi perché sapevano che non avrebbe mai fatto recitare una singola Ave Maria.
Al contrario, a quello sospetto di
Ecco perché abbiamo un clero così appiattito e insipido (che ha dato ottima dimostrazione con l'autoinflitto lockdown preventivo già a febbraio 2020). Perfino il buon prete capace di belle prediche e di qualche gesto di carità, nel momento in cui c'è da essere virile, preferisce scappare e rinviare alle calende greche, perché considera sé stesso parte di quel sistema, ed ha paura che in qualità di vaso di terracotta costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro possa bastare un minimo scossone per vedersi rovinata la comoda quotidianità e le misere opportunità di carriera. Perfino quel prete di grande cultura e di non trascurabile saggezza si è subito proclamato incapace di compiere certi gesti da sacerdote virile perché quantomeno gli avrebbero intaccato l'hobby di scrivere articoli e di organizzare conferenze. E persino quel prete che ufficialmente non aveva nulla da perdere, non ha ritenuto opportuno scommettere sulle vocazioni.
Questo stato di cose è talmente accettato dall'opinione comune che solo chi ne subisce le drammatiche conseguenze riesce a riconoscere che il sacerdozio ha smesso di essere virile, si è castrato da solo, con satanico entusiasmo, nella convinzione che la Chiesa potesse consolidarsi in una distributrice di omelie che non irritano nessuno e di sacramenti ridotti a festival delle oche giulive (ed "ecumeniche"). Sono stati addirittura accontentati dalla dittatur psicosanitaria e dal Grande Reset in corso, ma ancora non si rendono conto, perché lo stipendiuccio dalla CEI continua ad arrivare, le offertine per le Messe più o meno ci sono ancora, i soldi per la benzina non sono ancora finiti, hanno più tempo libero perché non hanno nemmeno da ciondolare in parrocchia... Sarà come per le batterie nichel-cadmio, quelle che non danno avvisaglie di scaricarsi: semplicemente, all'improvviso, hanno un crollo a zero.
E i cattoliconi ogni giorno si svegliano con una nuova mazzata (Misericordiae Vulnus, Amoris Mestitia, Pachamama, Fratelli Tutti, vaccinismo papale...) e addirittura riescono a meravigliarsi mentre si profondono in alti lai, senza che qualcosa cambi.
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