Quando vieni ingiustamente colpito, provi dolore e spesso anche risentimento. Ma quando vieni ingiustamente massacrato, oltre ogni immaginabile limite, non hai più nemmeno le forze per provare risentimento. Semplicemente ti rendi conto, proprio a causa dell'atroce dolore, che Nostro Signore sta assistendo attentamente alla scena.
Così, quando il vescovo mi disse che non intendeva in alcun modo portarmi al sacerdozio, lo ringraziai, perché non mi veniva in mente altro. Gli ripetei di essere convinto di essere chiamato al sacerdozio: se perciò non sono adatto alla diocesi, dove devo andare? La domanda era più che lecita: si suppone che un vescovo che ti ha accolto da parecchi anni in seminario, che ha letto attentamente tutte le carte che ti riguardano, che ha parlato di te con tutti i suoi collaboratori di fiducia per tutti questi anni, debba avere un'idea di ciò che potresti costruttivamente fare per la Chiesa.
E invece no. Non ce l'aveva. Farfugliò un non so, passò qualche interminabile e pesantissimo secondo di silenzio, e poi disse che potevo entrare in qualche ordine religioso, o in qualche altra diocesi (esatto: disse che non sono adatto al sacerdozio in diocesi, e poi dice che potrei essere adatto in un'altra diocesi).
Quindi disse che lui era competente solo per la propria diocesi, che poteva dire solo sì o no per il sacerdozio nella sua diocesi. Col sottinteso che il resto non lo riguarda. Dopo che per tanti anni era stato il riferimento ultimo della mia vocazione, mi ha candidamente dichiarato di non avere alcuna idea sulla forma della mia vocazione.
Può darsi che la responsabilità di tutto sia veramente sua. Oppure può darsi che doveva ubbidire all'ordine perentorio di qualcuno che lui temeva. Fu ovviamente irremovibile, e perennemente sulle spine perché temeva che qualche goccia potesse far traboccare il vaso. O forse addirittura se lo augurava: non c'è niente di meglio del poter dire che un seminarista ha dato in escandescenze lì in episcopio, e quindi è da espellere perché esaurito, disubbidiente, e incapace di dialogare. Invece no: mi ero limitato solo a ringraziare, in modo naturale, senza alcun sarcasmo.
Uscito verso le scale, inforcai gli occhiali da sole. Non volevo che qualcuno vedesse le mie lacrime. Uscii dal portoncino e presi la stradina in salita, in direzione opposta rispetto a casa: avevo assoluto bisogno di fare due passi, e di sostituire con aria pulita l'arietta pesantemente velenosa e diabolica respirata lì dentro.
Da quel giorno non solo ho sempre evitato di contattarlo: ho anche evitato di partecipare a liturgie in cui ci fosse anche un minimo rischio della sua presenza, o del rettore del seminario, o dei preti diocesani che avevano contribuito a mettermi nei guai. Dopo che hanno giocato con gli anni della tua vita, ingannandoti, "mettendoti alla prova" (cioè sprecando e agendo con inutile sadismo), non riesci più a guardarli in faccia, non hai nemmeno le forze per maledirli, se mai le avessi avute.
Il vescovo era stato maledettamente chiaro e preciso quella volta che mi disse che non intendeva portare al sacerdozio coloro che riteneva inadatti all'incarico di parroco. Come a dirmi che il sacerdozio coincide col mestiere del parroco, ed in particolare il parroco-manager-clown in voga al momento. Come a dire che il donarsi a Cristo nella forma della vita sacerdotale è un puro accessorio, anzi, non deve ostacolare il mestiere del parroco. Una legge che naturalmente valeva solo per le vocazioni recenti, visto che in diocesi c'erano parecchi preti che in vita loro non erano mai stati parroci.
Tutto ciò strideva con la comica gestione della diocesi, dove gli incarichi di parroco venivano centellinati con estrema parsimonia, in modo da mantenere precari i preti che non si piegavano alle mode clerical-progressiste, e da far salire le quotazioni al borsino curiale dove i volponi di lungo corso potevano meglio speculare. Non sia mai che capitasse una parrocchia dove non ci vuole andare nessuno: e ora come la si copre? Dove lo si reperisce un prete ubbidiente, dal momento che le vocazioni di quel genere le abbiamo soppresse tutte?
Io chiedevo solo di vivere il sacerdozio. Celebrare Messa, amministrare sacramenti, insegnare le cose della fede... "Non era dei nostri, perciò glielo abbiamo proibito". Non ero dei loro. Non ero la checca-clown approvabile dal team degli scrupolosi vagliatori controllori.
"Ma la vita sacerdotale è anche altro", mi aveva detto una volta il vescovo. Notò che lo fissavo, e tentò di tirare fuori qualche esempio. Gli vennero solo astrazioni: "per esempio, dialogare con la gente". Continuai a fissarlo, cercando di capire in quale Vangelo ci fosse scritto "andate e dialogate con la gente della parrocchia e talvolta pure fuori parrocchia: siate gli amiconi del quartiere per i borghesotti annoiati in vena di clericalate, siate l'animale da compagnia per le persone che hanno tempo da perdere, e soprattutto non rovinate il sacro Dialogo con i doveri di stato".
Nessun commento:
Posta un commento