Ero ragazzino. Alla Messa del matrimonio di mia cugina ero già infastidito dall'invadenza di vestiti costosi, fiori costosi, scarpe costose ai piedi di gente che avevo sempre visto in pantofole, quel palcoscenico per lo spettacolo, quelle imbecillissime paroline di circostanza di cui venni diluviato anche fuori dalla chiesa (inclusa l'immancabile "e tu quando ti deciderai a cercarti una fidanzatina?"), praticamente tutti durante la liturgia a pensare ad altro, ero già infastidito dal fatto che quando il pretino cretino terminò la lettura del Vangelo furono in pochi a sedersi perché gli altri erano già seduti fin dall'inizio della Messa, arrivò la mazzata micidiale: l'omelia.
Il prete, sui cinquant'anni, con fare inusualmente gioviale e per lo più rivolgendosi agli sposi chiamandoli per nome, disse poche stupidissime frasette di circostanza estratte dagli incarti dei Baci Perugina e trovò il modo di infilare a forza nel discorsino sulla vita degli sposi l'espressione «fare l'amore».
Avendo avuto all'epoca poche "gioie" televisive e internettiane, quell'espressione mi suonava particolarmente odiosa e pornografica, tanto più detta con quella voce affettata da vecchio trombone accidentalmente dotato di sacramento dell'ordine e che tenta di sembrare il simpaticone che al bar ti dà una pacca sulla spalla.
Con quel genere di preti, che aspettarsi? Le altre cugine e zie (di quelle da rosarioni giganti negli autobus dell'immancabile pellegrinaggio stagionale) infiocchettarono - come da tradizione locale - l'auto degli sposi con carta igienica e scritte pornograficamente allusive al sesso (imbrattando di rossetto il parabrezza), così, tanto per completare l'inutile fastidiosissima chiassata del pranzo di nozze e per confermare i frutti della Comunione appena (mal)fatta.
Qualche annetto dopo, forte del ribellismo adolescenziale, ebbi finalmente il fegato di urlare "no!" quando i miei volevano impormi la partecipazione ad un'altra di quelle pagliacciate.
«Perché non si può difendere il Corpo di Cristo offendendo il Corpo sociale di Cristo».
lunedì 26 agosto 2019
sabato 17 agosto 2019
Mi ricordo di quel Lord
Benché tenessi un profilo basso e tentassi di sembrare invisibile, quei corridoi non erano abituati a veder svolazzare vesti talari. Mi fermò con ben recitato entusiasmo uno dei laici dell'autoincensante gruppo di autoimpegnati che per distinguersi dagli altri preferiva mettere in scena pizzi e merletti. Mi domandò qualcosa per avviare la conversazione (mi par di sentirlo adesso con quella sua voce da lord inglese in sala da thè): "in preparazione per la celebrazione?". Risposi di sì tentando gentilmente di svicolare, ma il soggetto non era intenzionato a mollare la presa: doveva esibire (probabilmente a sé stesso allo specchio) il trofeo di aver conosciuto qualche nuovo prete. Chiese: "Padre...?" Gli risposi con un delicato sorriso d'ordinanza e nella maniera più innocua possibile che ero solo uno dei seminaristi e che dovevo raggiungere gli altri per "preparare il servizio liturgico", sperando che tale magro bottino placasse per qualche istante il suo entusiasmo, il tempo necessario a sgattaiolare via.
Mise in scena l'espressione del lord sorpreso e sdegnato, col sottinteso che dalla talare si aspettava un prete, ma avevo già un piede fuori dal ring e con la coda dell'occhio percepii a stento la sua frenetica riorganizzazione mentale. Si aspettavano una frotta di preti tradizionalisti da esibire nelle foto sul loro sito web e da contattare per qualche Messa all'interno della sede, si ritrovarono con un pretino in casacca e quattro seminaristi in talare.
Mise in scena l'espressione del lord sorpreso e sdegnato, col sottinteso che dalla talare si aspettava un prete, ma avevo già un piede fuori dal ring e con la coda dell'occhio percepii a stento la sua frenetica riorganizzazione mentale. Si aspettavano una frotta di preti tradizionalisti da esibire nelle foto sul loro sito web e da contattare per qualche Messa all'interno della sede, si ritrovarono con un pretino in casacca e quattro seminaristi in talare.
martedì 13 agosto 2019
Dolcetti massonici
Il vero dolore è una di quelle esperienze indimenticabili e non per metafora. Leggo di uno che, dopo tanti anni, nel passare in quella strada in cui una volta scivolando si ruppe il ginocchio, gli torna ancora la paura, gli aumenta il battito cardiaco. Avviene così anche a me, quando passo per la strada da cui si vede la struttura del seminario. Ho ancora l'impressione che da quell'edificio debordino da porte e finestre come nuvole di fumo nere, dense, malefiche. Per il male che mi hanno fatto, e ancor più perché me lo hanno fatto in odio alla fede e in odio alle vocazioni, in odio a tutti quelli che come me non desideravano altro che di accedere al sacerdozio e consumare la propria vita celebrando sacramenti e insegnando la fede e senza alcuna pretesa di erigere monumenti a sé stessi.
Odiavano questo, pur essendo i soggetti ufficialmente preposti al vagliare vocazioni, perché odiavano la fede che lo sosteneva. Per loro la Chiesa è una ONG con annessa attività commerciale: servizi religiosi in cambio di soldi. Vogliono preti anonimi e intercambiabili e dediti esclusivamente all'attività "pastorale", ma hanno una concezione non cattolica della "pastorale" (e cioè del sacerdozio e dei sacramenti e di tutto il resto). Il seminario era retto dai nemici della fede, e si vedeva. Fra o simboli più riconoscibili c'erano quei patetici dolcetti che ci spediva il club massonico nelle festività in cui ci toccava pranzare in seminario: grossi ma non saporiti, appariscenti ma stantii. Certi seminaristi litigavano per avere il diritto di scegliere per primi. Il sottoscritto, chiamato a servizio tavoli a causa di una furba assenza di chi era di turno, finse di confondersi e iniziò il giro del refettorio dal lato opposto, scatenando il vociare incivile di quelli dell'ultimo anno e le nascoste risatine dei superiori. Suppongo che qualche Gran Maestro sarebbe stato soddisfatto della scena, teologicamente rilevante: ma guarda come bramano di ricevere le nostre squallide briciole...
Uno dei miei commilitoni junior, credendosi moderno, criticò uno fresco di sacerdozio perché quest'ultimo "stava sempre seduto lì a perdere tempo". Seduto in confessionale ad ascoltare confessioni. Anche di domenica, giorno in cui i preti vorrebbero riposarsi anziché "lavorare" nella vigna del Signore. A Junior fu imposto non di studiarsi per bene il Catechismo, non di imparare le norme liturgiche, non di compiere liberi gesti di carità secondo le indicazioni del direttore spirituale... no: per poterlo ordinare, gli imposero di dimagrire. Quando ebbe perso il previsto numero di chilogrammi e dimostrato di non recuperarli alla prima occasione, tornò automaticamente in corsa per il diaconato, e infine fu ordinato al sacerdozio. I fratelli della loggia saranno stati contenti.
Odiavano questo, pur essendo i soggetti ufficialmente preposti al vagliare vocazioni, perché odiavano la fede che lo sosteneva. Per loro la Chiesa è una ONG con annessa attività commerciale: servizi religiosi in cambio di soldi. Vogliono preti anonimi e intercambiabili e dediti esclusivamente all'attività "pastorale", ma hanno una concezione non cattolica della "pastorale" (e cioè del sacerdozio e dei sacramenti e di tutto il resto). Il seminario era retto dai nemici della fede, e si vedeva. Fra o simboli più riconoscibili c'erano quei patetici dolcetti che ci spediva il club massonico nelle festività in cui ci toccava pranzare in seminario: grossi ma non saporiti, appariscenti ma stantii. Certi seminaristi litigavano per avere il diritto di scegliere per primi. Il sottoscritto, chiamato a servizio tavoli a causa di una furba assenza di chi era di turno, finse di confondersi e iniziò il giro del refettorio dal lato opposto, scatenando il vociare incivile di quelli dell'ultimo anno e le nascoste risatine dei superiori. Suppongo che qualche Gran Maestro sarebbe stato soddisfatto della scena, teologicamente rilevante: ma guarda come bramano di ricevere le nostre squallide briciole...
Uno dei miei commilitoni junior, credendosi moderno, criticò uno fresco di sacerdozio perché quest'ultimo "stava sempre seduto lì a perdere tempo". Seduto in confessionale ad ascoltare confessioni. Anche di domenica, giorno in cui i preti vorrebbero riposarsi anziché "lavorare" nella vigna del Signore. A Junior fu imposto non di studiarsi per bene il Catechismo, non di imparare le norme liturgiche, non di compiere liberi gesti di carità secondo le indicazioni del direttore spirituale... no: per poterlo ordinare, gli imposero di dimagrire. Quando ebbe perso il previsto numero di chilogrammi e dimostrato di non recuperarli alla prima occasione, tornò automaticamente in corsa per il diaconato, e infine fu ordinato al sacerdozio. I fratelli della loggia saranno stati contenti.
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