lunedì 4 agosto 2014

Quella volta dai salesiani

Una volta fui ospitato per alcuni giorni presso una casa salesiana. Mi assegnarono una camera, povera di arredi ma a dieci metri dalla cappella col Santissimo. Non potevo chiedere di meglio: di buon mattino e tarda sera passavo qualche minuto in cappella (sembrava sempre vuota, sembrava disponibile solo per me).

Una mattina mi attardai un po' di più in preghiera. Verso le sette e venticinque tre novizi entrarono in cappella. Furono meravigliati di trovarvi qualcuno, per di più inginocchiato; non mi parlarono, glielo lessi sui volti. Io fui invece meravigliato che loro si meravigliassero che qualcuno pregasse fuori orario. Uno dei più terribili mali della vita consacrata è il compartimentare totalmente la vita di preghiera sradicando così il sano desiderio di passare ogni giorno, senza alcuna pianificazione, un po' di tempo col Santissimo Sacramento. Il tipico seminarista prega fuori orario solo quando deve farsi vedere da qualcuno o quando è assillato dagli esami.

Quando entrarono i seminaristi salesiani mi alzai e andai via (per la Messa andavo in giornata in una chiesa non salesiana, per evitare scomodi inviti). Ma avevano capito che l'ospite nella camera in fondo al corridoio non era un giovane qualsiasi.

Qualche giorno dopo uno dei preti salesiani mi domandò con una naturalezza accuratamente preparata, se io avessi mai pensato alla vita sacerdotale. Non risposi: mi limitai a fissarlo per un attimo, come se volessi sfidarlo a dichiarare se era una cosa buttata lì oppure se stesse facendo sul serio. Ma il suo impaccio mi dimostrò che non aveva intenzione di andare più a fondo.

Seppi poi, qualche mese dopo, che quel brillante prete che avevo imbarazzato col mio silenzio aveva lasciato i salesiani facendosi incardinare in una diocesi. Se non sei fiero della vita sacerdotale della tua congregazione allora sei incapace di invitare in modo convincente qualcuno a entrarvi.

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