sabato 30 agosto 2014

Turno di guardia

Il parroco annunciò che avrebbe lasciato la chiesa aperta tutta la notte, per i fedeli che volessero adorare anche nelle ore più strambe.

Sforzandomi di mantenere un volto inespressivo, mi figurai mentalmente mentre prendevo a pedate il parroco. Sonore pedate, ricche pedate, accanitamente ripetute e senza fare economia di scarpe. Lasciare la chiesa aperta agli sconosciuti? Con l'altare della reposizione a disposizione di sconosciuti? Ma è impazzito? E giù abbondantemente altre generose pedate.

Lui fingendosi ispirato soggiungeva che sarebbe bello se i fedeli andassero quella notte ad adorare. Lo disse non perché fautore dell'adorazione eucaristica, ma perché perennemente alla ricerca di qualche cosa esotica di cui vantarsi coi confratelli, e ancor più per dare l'impressione di essere uno moderno, ganzo, uno che escogita mille cose nuove. Un genio della Pastorale, uno di quelli che con uno schiocco di dita ideano e avviano qualche Grande Iniziativa che vada avanti da sola.

Congedò me e l'altro seminarista (praticamente ci ordinò di andare a casa, in modo che di lì a poco se ne potesse andare anche lui) e dopo una blanda insistenza per rimanere un altro po', accettai di andare via. Appena giunto a casa chiesi ai miei un passaggio in macchina per tornare in quella parrocchia ed eventualmente passare la notte lì (non dissi altro per non allarmarli). Ero disposto a fare la guardia del Corpo (di Cristo) per tutta la notte e sopperire silenziosamente alla genialata del parroco sbruffone.

Mio padre mi lasciò in piazza e se ne tornò.

Giunsi sulla stradina dove c'era il sagrato e con sorpresa (e con sollievo) scoprii che la chiesa era chiusa. Non so se qualcuno avesse fatto rinsavire il parroco oppure se uno dei laici dotati di chiave della chiesa avesse messo in moto il semplice buon senso.

Così mi incamminai a piedi verso casa (non potevo allarmare i miei). Dopo ottantacinque minuti a piedi finalmente rincasai.

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