Il simbolo pagano dell'albero di Natale è una consolidata tradizione religiosa dei seminari e delle parrocchie. L'amorevole cura per l'albero di Natale, la metodica cerimoniale preparazione, i buoni sentimenti provati e pubblicamente espressi (e perciò la pubblica riprovazione per chi non li esprime), mi convinsero quella domenica sera della necessità di collaborare al devoto e pio esercizio del suo allestimento in seminario.
Con mio sconcerto l'albero fu installato verso la fine del corridoio del piano del seminario, lontano dalla maggioranza delle camere dei seminaristi. Non accettando il sopruso, nottetempo mi portai all'altezza dell'albero, scrutai furtivamente n entrambe le direzioni, staccai la spina delle sacre luci lampeggianti e spostai l'albero di Natale verso i tre quarti del corridoio. Riagganciai la spina, mi sincerai di non essere stato scorto da nessuno, e guardingo rientrai nel massimo silenzio nella mia cameretta.
Il mattino dopo, lunedì, un quarto d'ora prima della Messa, una delle voci più checche gracidò con quanto fiato aveva in gola: "ma l'albero di Natale è stato spostato!" Nessuno se ne curò - i seminaristi, dopo la prima settimana del primo anno di seminario, cominciano ad ottimizzare i tempi del risveglio ("Fantozzi, dopo successivi perfezionamenti, aveva posticipato la sveglia fino alle sette e cinquantuno!") e quindi nessuno ebbe tempo di riportare l'albero di Natale nella sua sede ufficiale. Al termine delle lezioni, tra sbuffi di disapprovazione e fretta di scendere in sala mensa per il pranzo (poco prima di Natale l'ora media comunitaria era già quasi un optional), finalmente l'albero fu traslato nel sacro luogo del corridoio eletto ad ospitarlo.
Senonché il mattino dopo - martedì - un'altra voce checca, più simile ad un bue che ad un uomo, mugghiò: "ma è stato spostato di nuovo, nooo". Anche stavolta si provvide, ma subito dopo l'ora di pranzo. Molti seminaristi si diedero segretamente appuntamento per organizzare turni di ronda e scoprire il malfattore. Ero tentato di aggiungermi a loro per fugare eventuali sospetti, ma in fin dei conti ritenni più prudente rinviare il giocarmi tale carta.
Il mattino successivo - mercoledì - l'albero era nuovamente nella zona dei tre quarti del corridoio, dove poteva essere gradevolmente ammirato dalla maggioranza dei seminaristi, domiciliati nelle camerette lì vicino. Si dice che il prete animatore abbia sbuffato con disprezzo per l'ennesimo spostamento illegale, ma per darsi un tono evitò di commentare prima e dopo la Messa. Lo spostamento fu annunciato dal latrato di un terzo seminarista spione che - ci potete giurare - da quel momento fu in cuor suo determinatissimo a scoprire il malfattore.
Il sottoscritto, coraggioso ma non temerario, rinunciò allo spostamento in tarda ora, preferendo rinviarlo alle prime luci dell'alba del giovedì. Anticipò la sveglia mattutina di mezz'ora e spostò celermente e silenziosamente l'albero di Natale, indi rientrò in camera, per poi uscirne - come tutti gli altri - esattamente un minuto o due prima della Messa mattutina. Anche stavolta ero convinto di aver agito nel più totale anonimato. Pareva che a Messa non si parlasse d'altro che dell'albero di Natale: le voci proferivano le formule liturgiche e i versetti dei canti, ma gli sguardi e i gesti erano tutto un fitto scambio di segnali: ma avete visto? sì, e tu? e che, non me ne accorgevo? e tu? anche tu sospetti lui? sì!
Il rumore è purtroppo alleato del nemico: il leggero scricchiolìo antelucano della porta della mia cameretta fu avvertito dallo spione dei latrati (nonostante avesse fatto le ore piccole nel vegliare contro lo spostamento dell'albero di Natale). Il quale, avendo da tempo notato che l'unico mattacchione della comunità era il sottoscritto, applicò il teorema di Agatha Christie: due sospetti fanno un indizio, due indizi fanno una prova.
Poco dopo la colazione un seminarista bulldog venne a bussare alla mia cameretta a minacciarmi: se io non avessi smesso di spostare l'albero di Natale, «ti alzo le mani addosso» (traduzione fedele dell'espressione dialettale da lui utilizzata). Con aria terribilmente innocente caddi dalle nuvole e gli chiesi perché lo dicesse a me. Lui ripeté distintamente la minaccia e, soddisfatto per aver avuto il suo momento di superiorità si girò e andò via imprecando contro "queste cose insopportabili", andando a riportare personalmente l'albero di Natale nella sede prefissata.
Poco più tardi lo spione non resistette alla tentazione di fare illazioni su di me dicendo che ero stato "visto" e che la mia "dimestichezza" non dava adito a dubbi. Dato che i verbi in forma impersonale mi ispirano antipatia, gli chiesi: chi hai visto? E lui, seccato, di nuovo sull'impersonale: «sei stato visto, non chiedermi da chi». Il sottoscritto negò ogni addebito, pur sapendo che ciò contribuiva ad aumentare i sospetti: era ora infatti della strategia della tensione.
Nonostante tutte le ronde notturne e antelucane, il venerdì mattina l'albero di Natale risultò nuovamente spostato. Due o tre seminaristi si autoincaricarono di riportarlo al suo posto un minuto prima della Messa mattutina, ed entrarono in cappella con un minutino di ritardo. Con voce glaciale l'animatore durante l'omelia annunciò che bisognava finirla con questi stupidi spostamenti notturni dell'albero di Natale, giacché disturbavano la Messa, e che "si era deciso" di porlo lì e che nessuno doveva spostarlo (notare il solito verbo all'impersonale: "io ho deciso" diventa "si è deciso"). Durante la Messa i seminaristi proferivano le formule liturgiche, ma era tutto un fittissimo scambio di segnali: ora gliel'abbiamo fatta, sì, abbiamo vinto, voglio proprio vedere, il rettore è già stato messo in guardia, stavolta ci sarà una punizione storica, che ne pensate?
Il sabato mattina l'albero di Natale non risultò spostato. L'evento scatenò una diluvio di critiche, commenti, proteste, illazioni e sospiri di sollievo. Uscii in corridoio - con la mia solita aria innocente - proprio nel momento di massimo trambusto, cercando (e subito trovando) occasione per pronunciare la formula vittoriosa: "ma come? ieri mi accusavi di averlo spostato e oggi mi accusi di non averlo spostato?"
Fino al rientro delle vacanze natalizie i seminaristi non parlarono d'altro.
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