mercoledì 18 maggio 2016

La leggenda del primo Seminario Tradizionale in Italia

Pochi giorni dopo la promulgazione del motu proprio di liberalizzazione della Messa tradizionale in latino (7 luglio 2007), in un forum on-line ebbi modo di fare un po' di ironia sulle infervoratissime conversazioni di seminaristi che vidi improvvisamente cominciare a parlare il dialetto di Gricigliano in salsa d'Ecône.

Ecco qui sotto il testo, di fantasia, ma costruito sulle loro stesse affermazioni e insinuazioni (e capi d'abbigliamento).

Insomma, era stato appena creato un nuovo "Seminario Tradizionale in Italia".

Al primo pomeriggio libero, prendo il treno, e dopo soli centotrentanove chilometri arrivo lì da loro.

Fuori sembrava il solito palazzone ottocentesco, ma dentro... dentro era qualcosa che avrebbe fatto passare per modernista perfino il braccio destro di Lefebvre!

C'erano oltre centoventi giovani tradizionali di tutta Italia, e qualcuno anche dall'estero (entrato qui prima che aprissero un "Seminario Tradizionale" dalle sue parti).

Ad eccezione dei computer in biblioteca (comunque con modding tradizionale), sembrava che il mondo si fosse fermato agli anni Cinquanta... anzi, no, al Ventennio... ma, no, che dico! agli anni di san Pio X papa!

Ero ancora stonato e eccitato da quel tripudio di talari e fasce che svolazzavano tra atri e corridoi, da quelle conversazioni in latino che si udivano in ogni dove, che mi ferma uno dei seminaristi - con le scarpe con fibbia - e mi chiede se ho bisogno di aiuto.

Gli rispondo di sì, e gli dico che sono un giovane appassionato della liturgia tradizionale e che vorrebbe entrare in questo "Seminario Tradizionale in Italia", in modo che una volta prete possa tornare nella parrocchia sotto casa a celebrare in latino e in barba al vescovo.

Lui mi dice che c'è una vasta gamma di opzioni disponibili, dall'entrare per diventare rettore di questo stesso "Seminario Tradizionale in Italia" fino al farsi prete con la liturgia tradizionale per poi scegliere la diocesi dove andare a celebrare in latino e in barba a tutti i vescovi, vicari, monsignori e altri scagnozzi di ogni ordine e grado.

Poi, mentre mi porta a fare un giretto turistico per le numerose sale e cappelle (tutte intitolate a santi papi antimodernisti, ma la più grande era intitolata a Lefebvre), mi racconta la storia di questo "Seminario Tradizionale in Italia".

Ad un tratto, si ferma, mi indica una porta e mi chiede: "hai mica bisogno della Sala Paolo VI ?" Lo guardo stupito: "i cessi, insomma!" Resto un po' perplesso perché pur detestando Paolo VI, mi sembra irriverente intitolargli i cessi. Gli dico di no, che non ne ho bisogno, e gli chiedo di continuare a raccontarmi del "Seminario Tradizionale in Italia".

Insomma, subito dopo l'uscita del Motu Proprio più famoso di tutta la storia della Chiesa, un sommo sacerdote antiprogressista e baldanzoso andò dal suo vescovo iper-progressista e burocrate e, con la delicatezza come un rottweiler appena uscito da un terribile digiuno, gli dice: "Eccellenza, vengo a comunicarle la mia decisione: apro un Seminario Tradizionale in Italia!". E il vescovo, atterrito e impotente: "nooo!!!"

In poco tempo, grazie ad un messaggio su un forum (lo stesso che avevo letto io), centoventi giovani accorrono a farsi formare in questo nuovo "Seminario Tradizionale in Italia", in un tripudio di talari svolazzanti (proibito toglierle perfino quando ci si dovesse alzare in piena notte per un attacco di diarrea) dove si studiano solo il latino, la liturgia, e i discorsi di Lefebvre, e i corridoi sono tappezzati di documenti ecclesiastici di tutti gli ultimi papi con nome "Pio" (compreso un probabilmente apocrifo documento sulla decenza che imponeva la copertura delle gambe dei tavoli almeno fin sotto il ginocchio), invettive antimoderniste di ogni genere, e naturalmente foto di monsignor Lefebvre (con piccola speranzosa didascalia: "in attesa che ti tolgano quella terribile scomunica").

Passando accanto alla sala prove di canto, ascolto alcune eccellentissime esecuzioni di gregoriano, che quasi mi meraviglio di come abbiano in così poco tempo imparato i giovani. Non parlo poi della pregiatissima sartoria dove i seminaristi imparano taglio e cucito di talari e paramenti liturgici, zeppe di svolazzi, pizzi e merletti da far sembrare zingaro anche l'inventore del barocco. La cucina è curatissima, perché la mens sana deve stare in corpore satollo: e per districarsi tra le ottantuno forchette e i diciotto bicchieri, c'è perfino una squadra di contesse di nobiltà certificata che danno lezioni di galateo tardo-ottocentesco.

Questo nuovo "Seminario Tradizionale in Italia" è veramente una grande invenzione. Basta che uno abbia l'uzzolo preconciliare, e può correre qui a godersi la vita, più comodamente che in un albergo sulla riviera. La burocrazia clericale può mugugnare, ma non tenterà mica di fermarci!

Nessun commento: