domenica 15 maggio 2016

Pulizie, altre pulizie e sovrintendenti sovrintenditori

Il superiore costringe noialtri a lavare fuori perché evidentemente si sente sporco dentro.

Episodio 1. Io e l'altro novizio facciamo una fatica bestiale per lavare la cappella (il paggetto, godendo di perenne immunità, si era inventato qualcos'altro da fare, di molto più comodo). Qualche ora dopo il superiore ci viene a dire che "ci sono macchie, occorre fare un'altra passata". Macchie che vede solo lui. Non è la prima volta. Risultato: dopo averci fatto lavare tre volte la cappella tra sabato e domenica (una quarta volta seguirà il martedì successivo), ancora ci raccomanda lo straccio, ancora trova sporcizia. Dice che se lo facesse lui ci metterebbe "quattro o cinque minuti" soltanto, e che però lui deve "sovrintendere" e non può mica "fare tutto" (avrà da "sovrintendere" anzitutto i 165 amici del suo profilo Facebook).

Episodio 2: nell'annnciarci che si assenterà per 24 ore ci dice, scandendo bene le parole: "mi raccomando, le pulizie in corridoio domani mattina e le scale e una passata di straccio in cappella". Un prete normale avrebbe al più raccomandato puntualità nella preghiera. Lui invece raccomanda solo le pulizie, programmandocele in modo che noi non si abbia un minuto libero neanche durante la sua assenza. Al ritorno, la prima cosa che chiede ancor prima di salutare è: "pulito il corridoio? ora vado a vedere". Non è l'eccezione: è la regola, è successo sempre così. Sabato scorso ha detto con finta aria scherzosa (di come sapevano scherzare gli apparatchik del KGB): "c'erano delle macchie sulle scale: ma le avete lavate o no?" e noi ancora non si capiva se fosse o meno un modo per chiederci se avevamo lavato o se le avesse "viste" davvero.

Lavare, pulire, spolverare, rilavare, ripulire, spostare mobili e masserizie di qua e di là, riportarli di qua e riportarli di là, contrordine, riportarli di là e dare una spazzata, lavare, passare il mocio, una spolverate... Pulire la chiesa (di martedì, anche se sarà utilizzata solo domenica: sabato ci chiederà di nuovo di ripulire perché "c'è polvere"). Pulire il corridoio (l'enorme corridoio e sue diramazioni: per gran parte non utilizzato): ogni sabato mattina il sacro intoccabile rito della pulizia di corridoi e scale anche se già puliti. Testuali parole: "ho messo una fogliolina secca ed è rimasta lì: quindi voi non avete proprio spazzato sotto le finestre!". Ogni volta trova qualcosa che non va, sistematicamente, per cui o ci fa ripassare o ci fa lavare di nuovo.

I turni di servizio ci sono stati assegnati "perché bisogna lavorare insieme" (per esempio lavare il pavimento della cucina ogni volta che si lavano i piatti: litri di Lysoform e candeggina a pulire ciò che non è sporco). Gli faccio presente che dovremmo fare prima le cose necessarie, che rispondono a qualche necessità: inutile lavare dove è già pulito solo per mantener piena la griglia dei turni (lavare certi locali tutti i giorni significa che saranno sempre sporchi, perché "tanto oggi qualcuno laverà"). Ma lui insiste che le cose si devono fare "esattamente" come dice lui. E dato che l'efebo paggetto ha sempre via libera per svignarsela (il malato immaginario, ma il superiore gli crede ciecamente) e dato che il superiore è sempre in giro a "supervisionare" qualcosa, finiamo sempre per lavorare noialtri novizi.

No, non è uno di quei beceri filmetti anticattolici. È solo una comunità con un superiore gay.

E no, denunciare è inutile, e ti costa la carriera.

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