mercoledì 29 ottobre 2025

Dolore più IVA (o meglio, supplemento Chiesa)

Ogni volta che muore una persona cara, al mio dolore si aggiunge un supplemento Chiesa, dovuto a tutto ciò che la Chiesa in tempi normali avrebbe fatto (anzitutto il non lasciar morire nella solitudine e nell'assenza di sacramenti quelli che almeno nominalmente erano suoi fedeli), e a tutto ciò che il misero sottoscritto avrebbe potuto fare.

Non mi illudo di avere chissà che potere nello spendere una buona parola, ma sono piuttosto convinto che anche soltanto al vedermi in talare avrebbero nutrito almeno un filino di speranza in più (e figurarsi se avessi potuto amministrare sacramenti). Ho infatti ancora il ricordo di più di un parente che tentava, dal letto d'ospedale e senza forze, di tendermi la mano, nei tempi in cui ero ancora in seminario (e per ubbidienza alli superiori, in abiti civili). Ho ancora davanti agli occhi il pretonzo che avrebbe dovuto spontaneamente proporre il sacramento dell'unzione a un parente anziano piuttosto malmesso e non lo ha fatto, nemmeno dietro mia esplicita richiesta (sarà stato per pigrizia, sarà stato per impreparazione, sarà stato che non lo vedeva rientrare nei suoi alti compiti di pastorale sinodal-conciliar-dialogante, chissà; fatto sta che dovrà risponderne davanti a Dio).

In questi primi mesi di pontificato papa Prevost ancora non ha fatto niente in netta controtendenza con l'andazzo autolesionista conciliare. Ha anzi avallato pessime nomine, nominato il Bergoglio fino alla nausea, tollerato apparentemente in silenzio iniziative come il giubileo ellegibbittì, addirittura onorato il re degli anglicani (che nemmeno in patria se lo cagano)... Gli ottimisti continuano a credere che le cose cambieranno pian pianino, dimenticando che ha già compiuto settant'anni e il tempo gli si fa breve, e che davanti a Dio non gli conviene presentarsi dicendo "ma no, dai, pian pianino lo stavo facendo, e non potevo mica permettermi di offendere la sensibilità di qualche bergoglione, tanto più se era stato uno dei miei elettori".

Ogni volta in cui la mia vocazione è stata abortita (è successo molte volte, puntualmente dai superiori diversamente etero), nel tornarmene a casa ho portato via tutto, anche gli avanzi di scatole di cartone impolverati, perché nell'aderire il primo giorno avevo un po' di speranza che a distanza di tempo, partendo in missione o semplicemente approssimandomi a lasciare questo mondo, avrei lasciato tutte le mie cose in dono alla comunità che mi aveva accolto, come ultimo segno di gratitudine a chi aveva lavorato nella vigna del Signore e a chi mi aveva consentito di collaborarvi. Venendo invece abortito, ho voluto voltare pagina, andando via - possibilmente - senza neppure salutare, perché chi ti abortisce non merita nemmeno il più elementare ed ipocrita gesto di galateo.

Venivo abortito in tempi ratzingeriani (cioè non sospetti), quando ancora si poteva sperare di fare grande strada anche soltanto a passi di formica. Erano gli anni in cui il Summorum Pontificum sembrava essere inattaccabile da futuri pontefici. In tempi bergoglioni, invece c'è stato il deserto assoluto. Il Traditionis Custodes, pur arrivato dopo molti anni di bergoglioneria, era come se fosse stato scritto il primo giorno.

La figura del Papa incide fortissimamente sul percorso vocazionale di chiunque non sia assorbibile nella categoria di clown parrocchiale, e quindi per un minutino mi si era scaldato il cuore all'udire il nome di Leone XIV. E mi si è gelato un attimo dopo, quando ha menzionato il Bergoglio fin dal primo saluto ai fedeli. Ho voluto continuare a sperare, ho rispolverato la categoria del "ma dai, lasciamogli tempo, preghiamo perché non ceda alle fortissime pressioni di cui sarà certamente oggetto". L'epoca prevostiana, dopo meno di sei mesi, è già oscurata da densi e preoccupanti nuvoloni. La vita delle vocazioni al sacerdozio, se era durissima e irta di tranelli e trappole in era ratzingeriana, è diventata impossibile in epoca bergogliona, e a tutt'ora non sembra minimamente migliorata. Immagino che altri come me, venendo scacciati da case di formazione per grave insufficienza vaticansecondoide, abbiano raccattato dalla cameretta anche l'ultimo pezzo di cartone impolverato, uscendo dalla porta principale col magone e con nessuna voglia di salutare i superiori. E con la consapevolezza che il prossimo parente che sta per presentarsi al Creatore non vedrà una talare ma jeans e maglietta, non vedrà l'olio santo ma una tv accesa su un evento sportivo imbecille.

Per quante pressioni possa subire in ogni momento dagli agenti (volontari e involontari) del Maligno, finché il Papa è in grado di esprimersi - anche solo firmando un foglio alla sua scrivania - può sempre dare grosse e irreparabili stangate allo sfascio conciliare. È suo dovere di pastore, no?, tappare prima le falle più grosse della barca di Pietro, raddrizzare il timone, licenziare i marinai che sperano di vederla affondare, e soprattutto gridare "Signore, salvaci". E invece, fra ridicoli sinodalismi e omelie relativiste, Prevost sembra solo un Bergoglio meno cafone.

In questi sei mesi il Papa poteva, per esempio, menzionare "distrattamente" di aver celebrato la liturgia tridentina nella cappella privata (voglio ancora sperare che sia vero che in passato l'abbia celebrata), mandando così in soffitta l'infame Traditionis Custodes e la guerra al Summorum Pontificum ancor prima di pensare a un documento per confermarlo. Poteva, per esempio, evitare di menzionare continuamente Bergoglio - o limitarsi a fare cherry-picking delle rare porzioni di affermazioni vagamente condivisibili. Poteva, per esempio, porre il veto alle nomine più controverse, anche se decise in epoca bergogliona, avocando a sé i modi e i tempi e pure la decisione sui nomi. Poteva insomma ricordarsi di essere il Papa, capo visibile della Chiesa, e ricordarsi che non conviene combattere usando le armi scelte dal nemico (cioè anzitutto i media, e il linguaggio sfumato, e le categorie di pensiero del clerical-progressismo). Ma allora, cosa teme? Cosa desidera? Perché diavolo continua ad agire come se fosse il proseguimento benvestito dell'oscena bergoglieria?

Dunque anche l'epoca prevostiana si preannuncia come ennesima sagra della confusione, dell'abortire vocazioni "non allineate", del lasciar andare alla deriva la barca di Pietro proprio durante la tempesta, come se il pastore volesse scacciare le pecore decenti dall'ovile, come se il caposquadra dei vignaioli volesse continuare a vandalizzare la vigna licenziando chiunque abbia minimamente a cuore l'uva del Signore, come se il problema del raccolto della vigna consistesse invece in "dialogo", "sinodalità", "messaggio di riconciliazione", e tutte le altre emerite stronzate note per non aver mai alimentato la vera fede, o almeno ridotto le persecuzioni, o almeno stuzzicato effettivamente qualche improbabile (e mondana e televisiva) riconciliazione.

E sullo sfondo la morte dei nostri cari, guardando un soffitto scrostato, nel rumore del traffico d'auto, mentre preti e medici cazzeggiano alla macchinetta delle bevande, mentre il Sommo Pontefice smolla la sagra delle cazzate sulle religioni "sorelle" proprio al Colosseo, luogo dove venivano gettati i cristiani in pasto alle belve.

giovedì 16 ottobre 2025

Qualche altro episodio del Superiore Soggiogato di cui parlavo ieri...

Tante volte mi son sentito consigliare: "beh, basta ubbidirgli, assecondarlo quel tanto che basta, no?"

No.

Quando il superiore della comunità è dell'altra sponda, le sue valutazioni e le sue azioni saranno inevitabilmente influenzate dalle sue invidie, attrazioni, gelosie, dai suoi amichetti della stessa sponda. E soprattutto dagli alti e bassi del suo paggetto preferito. Ti accorgi che non sei più in formazione: sei in modalità sopravvivenza. Sei sempre sul chi va là, sei sempre in tensione perché non basta mai assecondare l'assecondabile. E non basta mai incensare il paggetto.

Durante una riunione dei pezzi grossi in cui si doveva decidere anche della mia vocazione, il superiore proclamò: "come dice Paggetto, a Corposociale non gliene importa niente della nostra pastorale". Facendo proprio i nostri nomi. "Come dice Paggetto". A riferirmelo fu quel sacerdote che dopo la settimana di "sospensione" del paggetto aveva capito l'andazzo (e preso la decisione di scapparsene per farsi incardinare nella diocesi di origine).

Dunque la voce più autorevole sulla mia vocazione era l'opinione invidiosa del paggetto, Figliuolo Prediletto del Superiore. "Come dice Paggetto": voce del sen fuggita poi richiamar non vale... O forse, addirittura, era voluta, era solo un modo per mandare un messaggio gradito al Paggetto: quando a quest'ultimo sarà stato riferito (le voci corron veloci) che il superiore aveva detto "come dice Paggetto", si sarà sentito adulato e coccolato, si sarà sentito riconosciuto come importante e giudizioso.

Ma ciò non toglie che ogni luna di traverso del Paggetto influisce drammaticamente sul cosiddetto discernimento delle vocazioni. 

Il Paggetto si lamenta che sono stato fuori tutta la giornata per una faccenda non rinviabile? Il superiore mi chiama in disparte per intimarmi di cessare immediatamente tali situazioni (nonostante in precedenza mi avesse comunicato che per decisione del consiglio mi sarebbero state accordate per mie necessità quelle sporadiche uscite da dopo le lodi a prima dei vespri). 

Per il montaggio di due lampadari il Paggetto si lamenta di essere stato aiutato solo dal portinaio? Il superiore il giorno dopo fa montare gli altri nove lampadari a me, da solo. Il Paggetto si va lamentando dal superiore che non lo abbiamo incensato abbastanza? Il superiore ci convoca per dirci solennemente che dobbiamo essere più vicini al Paggetto, parlargli di più, non lasciarlo solo, poverino, bisogna stargli accanto... Il Paggetto, per dare aria alla lingua, dice: "non vedo mai Corposociale a messa" (della serie: il bue che dà del cornuto all'asino), e il superiore cosa fa? Un controllo fiscale su quante e quali messe vedono la mia presenza (controllo proseguito fino a che son rimasto lì: chiedeva perfino al sacerdote più anziano se il sottoscritto avesse partecipato alla sua messa). Inoltre mi comandò di servire, alla domenica, almeno due messe.

Il rapporto ambiguo col Paggetto, insomma, rende il superiore incapace di fidarsi dei sottoposti (e dunque incapace di guidare, incapace di educare), oltre che incapace di rispettare la parola data. Prima promette il noviziato per una certa data, poi fa finta di niente, poi rinvia, rinvia, rinvia... alla mia battuta scherzosa che avevo fatto una figuraccia coi miei per il mancato rispetto della data di accettazione in noviziato, trovò delle scuse miserabili per dire che dopotutto per lui eravamo già "ufficiosamente" novizi.

Un caro amico prete a cui raccontavo queste cose mi disse di pazientare, resistere, pazientare, ubbidire, pazientare... e che così sarebbe passato il tempo fino agli ordini sacri. Ma davvero?

Il tempo non passa mai quando il superiore è imprevedibile, aleatorio, ora vuole una cosa, tra un minuto la vuole in modo diverso, cinque minuti fa la voleva in un altro modo ancora. Tagliare l'erba? Spostare giù i mobili? Anzi, no, spostare su. Anzi, al piano di sotto. Anzi, due di qua e quattro di là. Anzi, no, questo e quest'altro possono ancora servire. (Ripetere la sequenza per materassi, pentole, piante, sedie, qualsiasi cosa ingombrante). Anzi, "portiamo tutte le piante su perché qui in chiostro prendono poco sole. Qui guarda cosa hai combinato! Ma non vi posso proprio affidare un compito, io! Orologio alla mano, bastavano quattro o cinque minuti! Ti avevo detto di fare quelle cose, te le avevo anche scritte, ma tu hai fatto poco e niente" (tutto assolutamente falso: avevo fatto del mio meglio, ma il superiore doveva pur mostrare al suo Paggetto di avermele cantate a dovere).

Magari qualcuno sarebbe ancora tentato di pensare che si tratta solo del solito calvinismo idiota dei formatori che pensano che la vita spirituale debba consistere in un ossessivo iperattivismo di faccende di casa e di sacrestia (comprensiva di umiliazioni inflitte ai sottoposti), roba da altisonante libello devozionale seicentesco. Ma dopo tanti mesi di assillo crescente, non riuscivo più a crederci. I primi tempi portai in omaggio una bottiglia di liquore. "Puf, è acquetta", disse schifato davanti a tutti. Ci riprovai con qualche altro regalino più di marca, ottenendo reazioni identiche. Non portai più nulla. 

Durante una messa della domenica vide che facevo fatica a rialzarmi (ceroferaio, ero inginocchiato e incespicavo nella talare): mi guardò con fastidio, come per rimproverarmi davanti a tutti, dicendo con quella voce tagliente: "su, su!". All'inizio di un'altra messa domenicale, vide che a portargli l'acqua santa fu l'altro chierichetto. Sbottò con livore, urlandogli a mezza voce (ma anche il popolo avrà sentito): "ma Corposociale non fa mai niente!?!?"

Quando il superiore è soggiogato da un Paggetto, finisce per andare in conflitto anche con la realtà.

Episodio 1. Cenando, si accorge che è finita la frutta (capirai che tragedia), e strepita con voce stridula:
Lui: "ho sempre detto che la spesa bisogna farla grossa, comprare cose per 20 giorni, per un mese! cos'è questa roba, per una settimanina?"
Io (timidamente): "ma se con la spesa fatta lunedì abbiamo riempito il frigo e non c'era più spazio...!"
Lui: "no! bisogna fare la spesa per un mese, e nel frigo mettete le cose in modo che c'entrino tutte!"

Episodio 2. All'ultimo momento si ricorda che manca un armadio.
Lui (stridulo e perentorio): "ci vuole un armadio nella stanza ospiti; prendi quello dalla stanza a fianco e spostalo lì".
Io (timidamente): "è troppo grande, ho già misurato, non si può".
Lui: "sì, ma in quella stanza ci vuole un armadio; lo prendi e lo sposti lì, che ci vuole?"
(mezz'ora dopo)
Io (timidamente): "come già dicevo prima, ho provato e non c'è verso di farlo entrare, vede? O sfondiamo il muro, o sfondiamo l'armadio..."
Lui (seccato): "dopo, vediamo dopo!"
(sparisce, per riapparire poi la mattina dopo)
Lui (isterico): "non bisogna fare le cose a metà: hai lasciato l'armadio nel corridoio! Le cose si devono esattamente come dico io! Esattamente come dico io! Guarda! Qui c'è polvere! Dà subito una ripulita!"

Episodio 3: durante il pranzo ha il barbaro coraggio di telefonare alla signora che viene da noi qualche volta a cucinare... per rimproverarla che a tavola il secondo piatto gli sembra "carne riciclata da ieri!" (non era vero).
L'altra volta l'aveva rimproverata perché l'acqua con cui aveva cotto il riso non era stata riciclata per cuocere qualcos'altro (sic).

Alla signora della cucina aveva stampato un menu settimanale ("una dieta presa dal sito di Donna Moderna": testuali parole del superiore, pronunciate col tono di chi pensa di aver risolto un grosso problema col minimo sforzo) su cui lei era tenuta ad adeguare i pasti. "Ma qui cosa c'è scritto?" chiede bizzoso alla signora. La quale obietta timidamente che riso a pranzo e poi riso in bianco a cena (da mettere nel brodo) non è proprio il massimo della vita (specialmente quando questa operazione è comandata sia di mercoledì che di sabato), e che certe cose in frigo non si potevano congelare dopo averle scongelate: andavano cucinate e consumate. E lui insiste: "ma come glielo devo dire? Lei deve fare esattamente come sta scritto qui! Ma allora non mi spiego? Qui nessuno capisce quello che dico? Quando dico una cosa, voglio che sia fatta quella e basta". 

mercoledì 15 ottobre 2025

Quella volta che il paggetto lo afferrò alla gola...

"Ma tu non puoi scrivere un libro?", mi ha chiesto qualcuno. Il materiale c'è, sì, ma dovrei mettere in ogni pagina un disclaimer: racconto queste cose solo per far notare fino a che punto certe devianze possono progredire, da parte di gente che ogni giorno eleva l'ostia e il vino. Ma poi... avrebbe davvero senso un libro? Raggiungerebbe forse più anime il messaggio del "non fidatevi di chi calpesta le vocazioni, non fidatevi di chi riduce il sacerdozio a un mestiere, non fidatevi della mentalità vaticansecondoide"?

Nelle case di formazione in cui sono stato ho osservato un pattern un po' troppo frequente: il rapporto ambiguo tra il formatore (o superiore) ed uno dei sottoposti, il suo paggetto preferito (solitamente un giovine efebo arrogante e pieno di sé, sprovvisto di vocazione e spesso anche di intelligenza, ma che sogna di far carriera ecclesiastica per fare il cosplay del monsignorino e per campar di rendita vendendo chiacchiere pseudoreligiose). Le paturnie di quest'ultimo hanno spesso messo nei guai le vocazioni più sane o l'intera comunità.

Ho scorto lo stesso pattern anche in piani più alti - come in una certa diocesi in cui il vescovo stravedeva, ma proprio stravedeva, per un certo pretonzolo (uno charming man), al punto di accontentarlo in ogni modo e favorire tutti gli amichetti di quest'ultimo, scatenando guerre su guerre nel clero diocesano, proprio quelle che si sforzava continuamente di ricomporre ma senza mai trovare una soluzione non abbastanza gradita alla cricca di charming priest ed amichetti vari).

Non è neppure necessario che l'efebo abbia un qualche charme, poiché il legame ambiguo può iniziare in altri modi. Può capitare che un pretino venga spedito in un posto lontano per allontanarlo da certi scandali frù frù. E in quel posto, dovendo ripulire e risistemare un po', trovi come unico volontario un gaio efebo locale, maggiorenne perditempo in attesa che la vita gli regali grandi sorprese. E che la calura dell'estate li faccia ritrovare un po' più promiscui di quanto necessario a ripulire un ambiente semiabbandonato. E se anche non fosse successo nulla di effettivamente peccaminoso, il pretino si ritrova da quel momento "vincolato" all'efebo paggetto, in una sorta di ricatto non scritto che suonerebbe così: "se non gli darò sempre la massima importanza, potrebbe rivoltarsi contro di me e raccontare tutto in giro... ma se lo accontenterò e sorprenderò sempre positivamente, potrebbe essere lui a prendere iniziativa sоdоmitica e concedersi ancor di più".

E magari il superiore, appena messo piede per la prima volta nella struttura, il primo obiettivo che si era posto era proprio quello di procurarsi un'amicizia particolare.

Con o senza fisicità, dunque, si configura quella tipica penosa situazione in cui il pretino vive al servizio di tale squilibrato rapporto, anche se le apparenze esterne sembrassero di "prete che fa il suo dovere all'altare, in confessionale, in comunità, nella formazione". Il fatto che l'amante (trattato come tale) prenda rapidamente gusto ad averla sempre vinta, aggrava la situazione. Il fatto che il paggetto sia giovane (e cioè - secondo la bacata testolina del pretino - più facilmente manipolabile), è un ulteriore aggravarsi. Non è un caso che i preti vengano scelti non solo fra coloro che vogliono già vivere il celibato, ma anche virili, senza pendere verso amicizie particolari.

In un caso notai che il superiore e il suo paggetto avevano lunghe conversazioni anche a notte fonda, ovviamente nella cameretta del superiore. La prima volta che capita puoi ancora pensare che il giovinotto abbia un grosso scrupolo sulla coscienza e che il superiore sia sufficientemente incauto da riceverlo in camera. La seconda puoi ancora pensare che ci sia qualche grosso dolore o problema spirituale irrisolto e urgente. Ma verso la quinta cominci a capire che il rapporto fra quei due non è equilibrato. E che il superiore è sufficientemente soggiogato da infischiarsene persino del fatto che gli altri si accorgano di tali visite. E cominci anche ad agire in modo da non tentare di scoprire neppure accidentalmente se il paggetto abbia pure dormito nella cameretta del superiore.

In un altro caso notai che il superiore (non quello di cui sopra), durante pranzi e cene in cui era presente, praticamente rivolgeva la parola solo al suo paggetto, scherzosamente, gentilmente, amorevolmente. Di quando in quando rivolgeva la parola anche a noialtri, ma solo per puntualizzare, per riversare qualche severo giudizio (magari fulmine a ciel sereno), per comandare qualcosa di fastidioso, per chiedere (con tono accusatorio) se avessimo fatto questo o quello.

Un po' di mesi dopo il paggetto diede in escandescenze in chiesa. Era furente, probabilmente perché io e un altro eravamo stati finalmente ammessi al noviziato (verbalmente, con mesi di ritardo rispetto a quanto ci era stato promesso), e lui che era lì da più mesi di noi no (sospetto che il superiore non abbia trovato modo di "promuoverlo", trovandosi contro tutti gli altri che avevano un minimo di voce in capitolo, e che abbia inventato chissà cosa per indorargli la pillola, senza successo).

Nel prendersela con noi urlò "i preti son tutti ricchiоni!", e afferrò alla gola l'altro novizio, che riuscì a divincolarsi e scappare (la scenetta avvenne in chiesa, vista con sgomento anche da alcuni fedeli locali).

Pochi minuti dopo io e quest'ultimo riportammo al superiore l'evento. Ci ascoltò in silenzio, con una faccia funebre, senza commento.

Due giorni dopo il superiore ci comunica ufficialmente che il paggetto aveva ricevuto una settimana di sospensione (pensavate che un gesto violento come quello fosse di impedimento a qualsiasi carriera ecclesiastica? beh, vi sbagliate: lo sarà solo per la gente normale, non per i paggetti figliuoli prediletti).

Non ci volle molto a scoprire che la "sospensione" era consistita in una settimana di vacanza pagata presso gli amichetti del superiore, in zona piuttosto turistica. E al trionfale ritorno, in cui non si stancava mai di raccontarci di tutti i gesti turistici fatti, ebbe come bonus un supplemento di due mesi di formazione (sottinteso: preludio al noviziato), contrariamente alle decisioni del consiglio (ed infatti uno dei preti partì a sua volta per una "vacanza" e lasciò la comunità per farsi incardinare nella sua diocesi di origine). 

Della settimana di "sospensione" turistica presso i pretazzi amici del superiore, il paggetto ebbe anche l'ardire di raccontarci di essersi ubriacato al punto da non ricordare più nulla. Immediato giunse l'allegro e sorridente commento del superiore: "uuh, quindi se ti avessero viоlеntato..."

lunedì 13 ottobre 2025

Asciugare e separare! Spazzare! Il secchio! Lavare!...

Chi come me è convinto che la propria vocazione venga da Dio, non è disposto a credere alla mielosa favoletta secondo cui la anche la cattiva volontà dei superiori (incluso l'atteggiamento da mobbing) sarebbe volontà di Dio. Sarebbe come insinuare che se una donna ha voluto abortire, sarebbe stato Dio ad aver voluto privare il nascituro del battesimo di salvezza. Sono disposto a sopportare le vaccate del superiore e ad ubbidirgli anche su ciò che non capisco, ma non può chiedermi di peccare, non può comandarmi ciò che evidentemente inquina la fede e la liturgia, non ha il diritto di rendermi molto desiderabile la disubbidienza (nemmeno se si trattasse dei soli servizi di casa), se sceglie di mentirmi perde il diritto di essere creduto anche quando mi dice qualcosa che sembra vero, se bullizza non deve meravigliarsi che qualcuno ne tragga le conseguenze.

Episodio. Per una giornata liturgicamente assai importante eravamo stati tutti impegnatissimi fin da prima mattina. Ma proprio impegnati-impegnati, corri di qua, riordina di là, prepara qui, sposta lì, riaccendi là, anzi spegni lì, anzi chiedi di far accendere ma poi prima di cominciare ricordati di andare a controllare se è acceso... Nel frattempo gestisci gente, telefona d'urgenza, affronta intoppi, chiama Tizio, recupera ritardi, avvisa Caio, gestisci assenze, accòllati responsabilità non tue (tante piccole fastidiose grane)... Finalmente si arriva tutti alla celebrazione delle 12, con la processione d'ingresso dove cerchi di stroncare gli sbadigli e speri che lo stomaco vuotissimo non brontoli troppo forte, e nel frattempo sogni il momento in cui potrai stenderti per almeno qualche minutino.

In quella celebrazione la pomposità e la teatralità erano grosse quanto la nostra fame e la nostra stanchezza. Il superiore ovviamente esala una predica interminabile, gli occhi ti si chiudono, gli sbadigli sgomitano per uscire, cerchi di non pensare al fatto che una volta finita questa liturgia delle torture bisognerà pur prepararsi da mangiare e saranno tutte belve affamate. Anche i fedeli non ne possono più, ma trascinare all'infinito le liturgie è l'ars celebrandi di chi confonde la qualità con la quantità.

Al termine sgattaiolo via dalla sagrestia, quatto quatto per farmi notare il meno possibile, fiondandomi subito in refettorio ad apparecchiare e metter su una pasta col tonno (una delle poche cose che sapevo cucinare) mentre il resto della ciurma si attardava in ameni saluti e small-talk coi fedeli, felici che fosse finalmente finita. Alle due passate, sfiniti, finalmente rientrano tutti, entrando alla spicciolata in refettorio ma con passo imperioso, affamati come piranha, venendo accolti dalla tavola già imbandita mentre impiattavo l'ultima porzione.

Qual celestiale visione! Uno dei preti giovani mi ringraziò quasi fino alle lacrime, gli altri nascondevano a fatica il fastidio di non poter già affondare la forchetta nel piatto prima della preghiera obbligatoria, mentre il superiore era visibilmente combattuto dentro perché non riusciva a costruire un'accusa contro il sottoscritto assentatosi dalla liturgia dei convenevoli iniziata al termine della lunghissima celebrazione. Infine, dopo tanto rimuginìo e lotta interiore, emise finalmente una battutaccia qualificandomi "cuoco perpetuo", con riferimento all'incarico inflitto da Filippo Neri al Cesare Baronio affinché quest'ultimo non montasse in superbia. Solo che sentirla raccontare con le categorie del sadismo, con quel ghigno beffardo da bullo professionista che sfrutta la sua grande occasione, e pur sapendo che il Filippo Neri non lo aveva fatto per mobbing, mi ha istantaneamente piallato via tutte le simpatie per il santo e per la sua opera.

Accolsi la battuta con un volutamente distratto sorriso (se mi fossi agitato c'era il rischio che la condanna divenisse definitiva, perché un bullo non vede l'ora di dire "non sai stare al gioco" per infliggere altri danni). Puntualmente a fine pranzo il superiore osservò che c'erano da lavare i piatti. Avemmo tutti un conato di terrore. Si trattava di scegliere se riprendere fiato prima delle celebrazioni del tardo pomeriggio (cioè di lì a poco, a partire dalle pulizie e preparazioni) o di giocare a fare l'eroe (immagina svenire durante una celebrazione perché il superiore ha voluto che si facessero le cose in grande, come se avesse avuto il quadruplo o quintuplo degli schiavi a disposizione). Preferii non rischiare.

Il superiore scrutava una ad una le prede come una prof di matematica che vuole interrogare a sorpresa, cioè come un leone che ha bloccato le gazzelle in un vicolo cieco. Il suo figliuolo prediletto, abituato all'impunità, dichiarò di essere impegnato a preparare non si capì bene cosa, e fu automaticamente creduto (mentre noialtri sapevamo benissimo che avrebbe dormito più di noi). Così, salomonicamente, il superiore disse che ci avremmo pensato dopo (sottinteso: "ordino perentoriamente che qualcuno di voi lavi i piatti").

Ci toccò dunque lavare e rassettare, mancandoci solo la maglietta fantozziana "Bracciante". Il superiore ricomparve più tardi, a sorpresa, solo per assicurarsi che gli sguatteri fossero indaffarati. Ogni volta che stavamo per finire, la sua voce sempre più stridula ci annunciava altre cose da fare, per lo più con i verbi all'infinito. "Asciugare e separare". "Spazzare". "Il secchio". "Metti in un panno, va bene anche della carta". "Lavare". "Vieni, che c'è da lavorare".

sabato 11 ottobre 2025

Questione di coscienza?

Vedo che il domain CronicasDePapaFrancisco.com creato il 5 ottobre 2017 tramite la piattaforma Wordpress è scaduto pochi giorni fa, il 5 ottobre 2025, senza essere rinnovato. Non saprei dire se il mancato rinnovo è dovuto a distrazione, a scrupoli di coscienza, o al non voler più spendere poche decine di euro per rinnovarlo per altri anni. Resta qualche traccia sul web archive.

Per ora è ancora raggiungibile sulla piattaforma originale, cronicasdepapafrancisco.wordpress.com.

In origine il suo nome era proprio bergoglionate.wordpress.com. Evidentemente nel 2017 qualcuno avrà fatto sufficienti pressioni alla redattrice - non saprei immaginare se il confessore o qualche pezzettone grosso della gerarchia - affinché quel blog avesse un nome meno insultante, un nome che avesse meno assonanza con "coglione", "coglionate", "rincoglionito". Decisione alquanto antievangelica, visto che Nostro Signore ha insultato, e parecchio, proprio quando era necessario per farsi comprendere bene: «razza di vipere», «ipocriti», «voi avete per padre il diavolo»...

Bergoglionate vanta ad oggi quasi tre milioni e mezzo di visite, risultato strepitoso per un blog visto che al netto di titoli redazionali e qualche sporadico commento, si limitava a rilanciare pezzi di agenzia, pagine dalla blogosfera cattolica, vignette non troppo offensive. Ha fatto un lavoro documentale epico, al quale sarei stato fiero di collaborare, conscio dei meriti che ciò lucrava davanti a Dio. Ha poi dovuto dimostrare (a chi?) di essere in buona fede, ed infatti tuttora vi campeggia qualche striscione di approvazione, per esempio quello con l'affermazione anti-abortista del Bergoglio del 15 settembre 2021: quasi come a dire che almeno qualche rarissima e brevissima volta avrebbe parlato come un pontefice, perché la verità viene solo da Dio.

Il problema è che anche un orologio fermo segna l'ora giusta due volte al giorno, e che l'interregno bergogliano è durato parecchio, e che "l'ora giusta" era sempre sommersa in mezzo a un sacco di "ore sbagliate". Il gesuitismo - che coincide col modernismo, cioè non anela mai alla verità ma solo ai loschi risultati nel lungo termine - può persino esalare qualche occasionale affermazione vera e ortodossa, ma solo al malizioso scopo di dare una stangatina ai nemici del giorno, e sempre nella massima prontezza a lavarsene pilatescamente le mani. Li ho visti in azione, i gesuitici gesuitanti, sono stato per anni nel loro mirino, ho visto estinguersi (dopo essere stati accuratissimamente perseguitati) quei pochi ultimi superstiti che conservavano ancora un pochino di dignità.

Bergoglio - molto più che Montini - è riuscito nell'impossibile impresa di accendere anche nelle anime pie diffidenza nei confronti della figura del successore di Pietro. Diffidenza non preventiva, ma reattiva: per esempio, se il Papa si presta ad una pagliacciata come il benedire un blocco di ghiaccio, non siamo più così fessi da pensare "bof, irrilevante, dimenticabile, sicuramente una bergoglionata pre-programmata e non evitabile". Di fronte a tali eventi pensiamo invece ad un papa impossibilitato (o incapace) persino del rifiutare con un cenno di prestarsi alla pagliacciata. Cioè che non stia così saldamente al timone della barca di Pietro.

L'argentino dal passato piuttosto torbido (e di cui prima o poi qualcos'altro verrà alla luce) arrivò agli ultimi suoi giorni senza dar pubblici segni di pentimento. Motivo per cui mi permettevo di criticare la clerically correctness di Bergoglionate: quando vedi quel buonismo untuoso e benvestito, ti vien sempre una gran voglia di invitare ad applicarlo pari pari a uno Stalin o un Lutero, per vedere che effetto fa negli autori, e chiedere loro ironicamente: "questione di coscienza?". Intanto, dopo cinque mesi di pontificato prevostiano, dei clamorosi danni fatti da El Jesuita non è stato corretto praticamente nulla. (Vi aspettereste mica che dodici anni di bergoglionate debbano richiedere dodici secoli per le necessarie correzioni?)

Il mattino dopo la promulgazione del Summorum Pontificum ero in talare, fascia e saturno ad accompagnare il parroco a celebrare la messa delle otto nel paesino. Ero raggiante, illudendomi che finalmente si potesse uscire dalle catacombe. Non potevo immaginare che l'autore prima lo limitasse nella Universae Ecclesiae (evitando di menzionare l'ordine sacro: cioè "scordatevi l'ordinazione in rito tradizionale"), e poi abdicasse in favore di un lercio gesuita che non vedeva l'ora di cancellarlo (ed infatti Traditionis Custodes giunse con Ratzinger ancora vivente, ed il "giro di vite contro la Messa tridentina" programmato per l'estate 2024 fu impedito in extremis dalla convergenza di Burke e supplicanti vari, e di bergogliani scaltri che probabilmente avevano suggerito solo un ulteriore rinvio, ché c'era urgentemente da fulminare Viganò con una scomunica perché stava svelando altri scottanti retroscena).

Fino al pontificato di Ratzinger potevamo ancora illuderci che l'indispensabile (e auspicabilmente massiccia) iniezione di liturgie tridentine alla Chiesa potesse cominciare a curarne i gravi malanni. Da oltre cinque mesi in quello di Prevost ci ritroviamo ancora col divieto di fatto di tali "iniezioni" e con il quadruplo di tali malanni. E non mi stanco di ricordare che quello che succede nei sacri palazzi, produce drammatici effetti anche nella nostra vita quotidiana, nella tua e nella mia vita quotidiana. Motivo per cui sono sempre più restìo a far "sconti" a chi ha ostinatamente inquinato la fede e la vita della Chiesa.

Dal giorno in cui realizzai di essere chiamato al sacerdozio sono morte persone care (non solo parenti) verso cui provavo come minimo gratitudine (e le più care, durante la bergoglieria). Contavo (beata ingenuità) che una volta diventato sacerdote, sarei stato per loro una speranza (anche senza spendere un solo monosillabo, anche solo come presenza lontana). In questa Chiesa inquinata dal virus vaticansecondoide sono morte malissimo, senza gli ultimi sacramenti né altra possibilità di apparecchiarsi alla morte, e probabilmente tutte senza neppure il conforto della presenza di un sacerdote. Non ho alcuna remora a dire che l'intera gerarchia cattolica ha un enorme e insanabile debito nei miei confronti per quelle pecorelle che ha abbandonato al loro triste destino, e per avermi impedito il sacerdozio (a suon di scuse campate in aria) e cioè impedito di spendere anche solo un monosillabo "autorevole" quando erano ancora in vita, anche solo una presenza lontana.

Preti imbecilli ce ne son sempre stati, ma se i vertici della Chiesa vanno benedicendo pezzi di ghiaccio (ed evitando gesti di riparazione per il giubigay: han dovuto provvedere quattro vescovi di periferia), non dobbiamo stupirci che i confessionali restino deserti, che le parrocchie siano ridotte a centri sociali che arrancano, che i preti vaticansecondoidi vengano meno al loro munus specialmente di fronte a malati e moribondi, che i cattoliconi siano "amici del giaguaro" (come sulla comunione "sulle mani", quando ti obiettano che "finché non viene condannata, me ne avvalgo, perché quello che dice la gerarchia vale più di quello che dici tu o una pagina blog o un paio di sacerdoti che non avevo mai sentito nominare"), che le vocazioni siano di importazione perché i vescovi cercano solo mestieranti del sacro che non conoscano nulla al di fuori delle solite trite banalità da sagrestia.

Di fronte a tutto questo suona beffardo (oltre che ingenuo) il rinominare Bergoglionate in CronicasDePapaFrancisco. Uno che ha smollato dodici anni di pubbliche coglionate senza mai un attimo di "almeno esitazione", conscio dei loro effetti (non ditemi che non sapeva cosa avrebbe provocato quel "chi sono io per giudicare"), non merita trattamenti di riguardo, ma solo correzioni.