...Ciccione non perché fosse il più grasso di tutti, ma perché viveva come il gatto di casa: mangiare, cagare, dormire, la sera telefonatina a mammà per raccontarle cosa aveva mangiato, e per tutto il resto presenziare quel tanto che basta in attesa del prossimo pasto. I primi tempi uno dei miei commilitoni, con perfidia tutta da seminarista, inventò un jingle sulle note di una canzonetta parrocchiarda, cantandolo così: «Nooome Cognooome, mangia, beve e caga!»
Ad essere onesti quel trattamento se l'era proprio cercato, evitando di nascondere la sua ingordigia. Ma nei seminari quello che ti segna per sempre è l'impressione che dai nei primissimi giorni del primissimo anno. E lui il primo pomeriggio in seminario girava per i corridoi con un pigiamone da nonno (non gli avevano spiegato che il seminario non è come la casa di mammà).
Dopo averlo difeso due o tre volte da qualche episodio di bullismo da seminario, me lo ritrovai attaccato peggio di una medusa. Cercai di fargli capire che il fatto di difenderlo non significava volerlo tra i piedi ogni ora del giorno. Resistei a lungo alla tentazione di prenderlo in giro. Una volta venne a perdere tempo in camera mia. Mentre ero girato, si strafogò gli ultimi preziosi cioccolatini che avevo sul ripiano della libreria, che mi erano stati donati da una anziana donna della parrocchia (che voleva addirittura baciarmi le mani, tanta era la sua devozione al sacerdozio e dunque per estensione anche ai seminaristi). Siccome era povera (e i cioccolatini di un certo valore), mi sembrava ingiusto mangiarli tutti in un sol colpo. Con un gesto tra l'ingenuo e il liturgico, mi ero riproposto di mangiarne solo uno al giorno. Il ciccione violò quel santuario della cioccolata vocazionale. "Ma che hai fatto?!" gli dissi allarmato. E lui, con l'aria di chi si vede negare un diritto acquisito, rispose: "ma erano qui per essere consumati". E fu così che - bonariamente, molto bonariamente - mi autorizzai a prenderlo in giro nei momenti in cui avessi ritenuto necessario farlo.
Mi accorsi successivamente che anche il prete animatore e perfino il rettore del seminario si lasciavano sfuggire allusioni al ciccione (cioè si stavano preparando per cacciarlo via dal seminario).
Per problemi di salute il ciccione non si presentò alla vacanza del secondo anno di seminario (nel mese di luglio). La prima sera, durante un momento goliardico nella camerata, imitando la sua goffa voce dissi l'indicibile: «mamma! la comunità mi prende in giro! il prete animatore mi prende in giro! il rettore mi prende in giro! mamma! questi vogliono farmi fuori!»
La gigantesca risata generale fu interrotta all'improvviso: sbucò dalla porta il prete animatore che con una voce gelida e tagliente come un'affilata lama di ghiaccio e un torvo sguardo staliniano disse: «qui nessuno vuole far fuori nessuno».
Infatti il ciccione fu fatto fuori pochi giorni dopo, tra fine luglio e inizio agosto. Ufficialmente gli era stato consigliato (cioè decretato irreversibilmente) un periodo di riflessione (cioè era stato cacciato via dal seminario). Il periodo di riflessione, nei seminari italiani, consiste nel fatto che ufficialmente stai "riflettendo" sulla tua vocazione stando fuori dal seminario, praticamente la "riflessione" non te la faranno finire mai.
Nessun commento:
Posta un commento