Nel secondo anno di seminario avevamo una saletta comune accanto alla cappella. Nella sala c'erano sia tazzine e macchinetta del caffè, sia l'armadietto-sagrestia con ceri, vino e ostie.
Tra i miei compagni di seminario c'era un ciccione che negli orari in cui nessuno lo vedeva andava nella sala, prendeva una tazzina da caffè, vi versava del vino da Messa (che è più saporito del vino da tavola), trangugiava col mignolo alzato, sciacquava la tazzina e rientrava in camera.
La sua fortuna fu che le bottiglie di vino da Messa avevano diverse provenienze. Quando l'economo del seminario non c'era, si chiedeva al rettore. Quando non c'era nemmeno il rettore, si chiedeva ad un altro addetto (e nella fretta del momento non si annotava troppo chi prendeva cosa). Talvolta ne ricevevamo una in regalo per tramite del prete animatore.
Tanto andò la gatta al lardo che ci lasciò lo zampino: una volta, in sala comune, colsi il ciccione in flagrante. "Ma cosa fai?!" gli chiesi, spaventato più dall'idea di una sgridata "comunitaria" che dall'ingordigia.
E lui: "niente, ne vuoi un po' anche tu? è buono!"
Restai in silenzio per qualche attimo, costruendo mentalmente la risposta più furiosa possibile. Ma prima che potessi aprir bocca entrò un altro commilitone - di quelli più chiacchieroni - e gli disse qualcosa come: "ma allora sei stato tu!" Evidentemente già si sapeva da tempo. Il sacrista aveva già preso qualche sgridata per la frequenza con cui si riforniva di vino da Messa.
Quella stessa sera, alla Messa comunitaria, il rettore fece una lunga omelia sul non sprecare le risorse del seminario. Tutti gli sguardi, ridacchiosi, erano naturalmente rivolti al ciccione, che con compostezza faceva finta di nulla. Si direbbe che il rettore si sia dilungato di proposito.
Il ciccione ovviamente fu fatto fuori durante l'estate (per motivi simili a questo), qualche settimana dopo che l'equipe formativa del seminario aveva salutato tutti dicendo: "buone vacanze, ci rivediamo a settembre".
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