lunedì 17 novembre 2014

Chi è avido di significati e chi pretende di assegnarli

La ragione per cui in seminario ero detestato (per dirla con termini gentili) era la mia invincibile passione per le verità di fede e i loro inevitabili effetti. Mi aveva appassionato una conferenza di Filippetti su Giotto, al punto che avevo comprato più copie del catalogo della sua mostra allo scopo di regalarle a chi le avesse potuto almeno apprezzare. Infatti quelle copie restarono nella mia cameretta per tutto l'anno di seminario e tornarono tristemente a casa: la prima copia, quella che mostravo ai seminaristi, non sollevava più di qualche "ah, uhm, bravo, bene".

I seminaristi avevano un'agghiacciante insensibilità verso la bellezza. Erano magari perfino capaci di citare e lodare l'espressione "il bello è lo splendore del vero", ma non scorgevano alcuna differenza fra un canto gregoriano e un Symbolum '77, non trovavano nessun motivo per preferire una Natività di Giotto ad uno scarabocchio di un bambino capriccioso, non ci trovavano niente di strano ad usare come spunto di preghiera e riflessione una scultura più simile a una cagata di cammello che ad una Pietà di Michelangelo. Ed infatti erano capaci di inginocchiarsi davanti a tutto e di dimenticare sistematicamente di inginocchiarsi davanti al Santissimo.

La differenza tra me e loro era proprio in questo: loro erano abituati ad assegnare significati all'arte "sacra" (addirittura a caso e al limite del frivolo), laddove io ero abituato a cercare i significati (sorprendendomi ogni volta che scoprivo qualcosa della fede tradizionale, e sorprendendomi ancora di più quando nelle opere "moderne" trovavo o il vuoto, o l'aberrante). Non a caso le poche amicizie che avevo in seminario erano inevitabilmente coi figuri che avevano ancora un minimo di sensibilità al bello, ed era una vera vittoria ascoltare da qualcuno di loro espressioni come: «però in fondo hai ragione, sarebbe più bello se facessimo la meditazione su questa Natività di Giotto». Cioè augurarsi che la spiritualità del seminario si rifacesse a qualcosa che già contiene il bello, piuttosto che da un'«opera» pescata a caso ed a cui veniva assegnato d'imperio il significato che noialtri dovevamo ubbidientemente percepire.

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