Una volta in seminario una giovane suora (munita di chitarra) venne invitata a tenerci una lezione sul celibato - e no, non parlò di come star lontani dalle tentazioni del corpo e dell'anima, ma dei tecnicismi sentimentaloidi che aveva scritto nella sua tesi di dottorato teologico - e la chitarra le era necessaria perché alcune cose le avrebbe espresse cantando e facendoci cantare.
Quando un prete "cade" (cioè si stufa del sacerdozio perché vorrebbe vivere con una donna), i suoi confratelli si lamentano: "andava aiutato, bisognava aiutarlo prima, si capiva bene che era in crisi sacerdotale e non si è fatto nulla per aiutarlo" (notare l'uso spasmodico di verbi in forma impersonale: nessuno si prende responsabilità, tutti se ne lavano le mani).
E dunque, come misura preventiva, si invita un'esperta di celibato a spiegare che tal sconosciuto teologo e tale autoimprovvisato mistico hanno detto che il celibato è sublimazione di non si sa cosa ed è libertà da non si sa che. Perbacco, una donna in seminario (benché suora), giovane (beh, sulla trentina abbondante)... ma no, i seminaristi non stanno coltivando pensieri cattivi: i più tra loro non provano attrazione per le donne, la maggioranza è impegnata a simulare un'espressione attenta, a cercare di prendere appunti per porre una "domanda intelligente", a farsi notare dall'animatore nella speranza che quest'ultimo scriva nella relazione di fine anno: "il seminarista ha partecipato con interesse a tutte le iniziative previste dal seminario".
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