Solo che lo tennero in attesa per due anni, per accertarsi che avesse perso il vizietto. Ufficialmente lo aveva perso (se mai ufficialmente lo avesse avuto), ma lo tennero comunque due anni in attesa.
Una delle peggiori umiliazioni durante il cammino verso il sacerdozio è il veder ritardata - anche solo di poche settimane - una tappa importante. Diventi l'appestato ad alto rischio di dimissione. Tanto più quando il rinvio è senza data. Sei bloccato. Non si sa quando continuerai, non si sa se continuerai, ogni giorno potrebbe arrivarti la notizia che sei stato mandato via. Come in un romanzo di Kafka. Parenti e amici, che cominciano ad vederti come uno caduto in disgrazia (ed hanno visto giusto) perché la snervante attesa induce a sospettare che nascondi qualcosa di grosso, continuano a girare il coltello nella piaga: ma allora, quanto ancora? Ma perché non fai causa al vescovo? Ma dopo tutto quello che hai fatto? E tu non puoi confidarti con nessuno, perché sai che anche i muri hanno le orecchie e se una tua piccola lamentela giunge in curia può esserti fatale. E così passa un mese, passano tre mesi, passano altri sei mesi. Dopo più di un anno, per l'ennesima volta, vai ad umiliarti dal vescovo o da qualcuno dei suoi caporali. Non servirà a nulla. Non ti diranno quanto altro tempo devi aspettare, perché significherebbe alleviarti un peso: ma loro vogliono che tu quel peso lo soffra ogni giorno.
Così, dopo infinite umiliazioni, notti in bianco, preghiere disperate, finalmente un prete (di quelli che credevi fuori dai giochi) ti fa sapere che ha sentito dire che il vescovo sta per chiamarti per definire la data dell'ordinazione. E così avviene, non senza ripetere al vescovo e ai suoi gregari tutte le implorazioni, dalla prima all'ultima, tutte le umilianti promesse già fatte mille volte al vescovo e ai suoi gregari.
Una volta ordinato sacerdote ha ripreso a bere, stavolta anche più di prima. Ma dopo qualche anno, digeriti grosso modo tutti i traumi e maturato senza necessità di aiuti esterni, ha cominciato finalmente a moderarsi.
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