mercoledì 22 ottobre 2014

La vocazione a fare gli sguatteri?

Ogni volta che entravo in una comunità mi proponevo di mettere subito al corrente i miei superiori del mio stato di salute e del mio livello culturale, in modo da essere il più utile possibile fin dal primo giorno. Credevo che tutti sapessero che certe combinazioni di fisico e intelletto fossero inadatte a certi obiettivi e adattissime ad altri. Mi illudevo che per le attività comunitarie bastasse il "si fa quel che si può", ringraziando la Provvidenza per i singoli doni ricevuti. Se tutti sono diabetici, allora non c'è bisogno di comprar zucchero, no?

Invece, in ogni comunità, vigeva la fissazione delle caserme: «faccia un passo avanti chi tra voi è esperto di computer... OK: andate a lavare i cessi!» Cioè la necessità di appiattire tutti sulle stesse mansioni, e in particolar modo di umiliare inutilmente le reclute col falsissimo alibi dell'addestrarle e -peggio- di insegnar loro l'umiltà. Gradassi e arroganti che pretendono di insegnare l'umiltà (e poi ci si lamenta della tracotanza e dell'ipocrisia dei preti giovani: se per anni e anni di seminario hanno sempre avuto solo quegli esempi...) Tutto questo dietro l'alibi della necessità di un po' di lavoro manuale.

Episodio 1.

Quando mi presentai al primo colloquio di ammissione per il seminario maggiore, nel raccontare la mia vita dissi che ero laureato. Il gesuitico gesuitante che conduceva il colloquio-interrogatorio mi chiese, con aria da vipera pronta a mordere la preda, se io fossi disponibile anche a lavare i piatti. Risposi con naturalezza: «se lo fanno gli altri, non vedo perché non dovrei farlo anch'io». Il gesuitante gesuitico smorzò il sorrisetto ma evidentemente la risposta era sufficiente per passare il test. E pensare che era già sicuro di avermi colto in castagna...

Episodio 2.

Con un sorriso incredibilmente ampio mi segnalarono un giovane aspirante che era capace di rammendare e risistemare paramenti liturgici. "E' capace perfino di confezionarti una talare", disse il pretonzolo con sguardo giulivo e filo di bava che gli pendeva da un angolo della bocca. Capii subito che per entrare in certe comunità (come ad esempio quella lì) non c'è bisogno della vocazione: basta solo saper dimostrare di voler lavorare gratis in mansioni utili a preti sfaticati. Ossia cuciniere-lavapiatti-sarto-pulitore.

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