domenica 19 ottobre 2014

Quello che si sentiva sporco dentro

Mi disse di spazzare il pavimento del refettorio. Risposi «sì» e mi avviai a prendere la scopa, ma lui proseguì come se io avessi detto "è inutile". Disse: «ci sono le briciole, c'è tutto sporco». Il pavimento invece era già pulito.

Con pazienza certosina spazzai con cura ogni angolo, lottando contro la stanchezza, a caccia dello sporco invisibile. Appena ebbi terminato, il soggetto di cui sopra tornò imperioso: «ma non hai spazzato niente! c'è ancora sporco, lì sotto quella sedia! ripulisci per bene tutta quella parte». Nemmeno con un binocolo al laser si riuscirebbe a vedere una briciola a sette metri di distanza, ma per spirito di ubbidienza e di penitenza tornai ugualmente a ripulire quello sporco immaginario, sperando di notare almeno una briciola di polvere.

Sotto la scopa non restò nulla. Naturalmente il kapò tornò per lamentarsi che avevo pulito male. Non aggiunsi nulla e mi sforzai di rimanere il più possibile naturale. Qualsiasi cosa avrebbe potuto essere usata contro di me. Un sorriso sarebbe stato interpretato come sarcasmo. Un'espressione qualsiasi sarebbe stata interpretata come dispetto e disubbidienza. Mi sforzai di somigliare alla mia ombra inespressiva sul muro. Finalmente il preposito mi congedò, continuando a lamentarsi in corridoio. Aspettai ancora qualche attimo in silenzio, dandomi un'aria indaffarata per evitare guai in caso di suoi dietrofront improvvisi, e mi avviai compostamente a posare scopa e paletta.

Quello era il suo modo di mettere alla prova la mia pazienza e la mia obbedienza. Era convinto che la vita comunitaria non dovesse essere "rose e fiori" e perciò di proposito si comportava come un sadico (cosa che gli riusciva sorprendentemente bene). Era evidentemente la sua personalissima interpretazione dei libretti devozionali sette-ottocenteschi, dove per dare idea di fatiche e sacrifici i superiori delle comunità venivano descritti come sadici instancabili nel creare nuove forme di tortura per il santo di turno.

Ci volle un po' di tempo per realizzare che quel suo "mettermi alla prova" era in realtà il risultato di suoi problemi personali. Si sentiva sporco dentro e perciò era igienista fuori. Si sentiva debole dentro e perciò era prepotente fuori. Si sentiva indeciso dentro e perciò odiava chiunque avesse le idee chiare sulla propria vita. Si sentiva sporco dentro - maledettamente sporco, tremendamente sporco - e di conseguenza esigeva il pulito più brillante e candido: via! pulizie, contro-pulizie, ri-pulizie, eterne pulizie! Che naturalmente delegava ai sottoposti che non gli andavano a genio. A cominciare dal sottoscritto.

"Spazzare!" mi diceva imperiosamente, indicando con quel dito da Rasputin il refettorio lindo e pulito. Si sentiva sporco dentro e comandava continuamente pulizie fuori.

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