domenica 26 ottobre 2014

Vita liturgica in seminario

Oh, no! Il momento più tragico della settimana: la domenica pomeriggio, l'ora di rientrare in seminario.

Si ricomincia con quei vespri trascinati e interminabili... domattina le lodi altrettanto lente e la meditazione obbligatoria (cioè permanere in cappella sotto lo sguardo vigile e pignolo dell'animatore: e guai se scorge una tua espressione del volto che non sia di feconda spiritualità sospirante e riflessiva)... alle 12:30 l'ora media col freno a mano innestato... la preghiera prima del pasto con l'omelia del rettore... l'incontrino per "preparare" la liturgia solenne della sera (solenne, cioè al rallentatore: guai se dura meno di un'ora e mezza, perché deve contenere anche i vespri), ovviamente obbligatorio per tutti, perché bisogna distribuire quanti più incarichi è possibile e bisogna fare qualche "prova di canto" di quelle sbobbe parrocchiarde inascoltabili... e quindi la messa alla moviola, con i canti fracassoni e svogliati, con la sfilata di moda dei doni all'altare, con l'incaricato dei "segni" (cioè cartelloni e idiozie varie), l'incaricato della sagrestia, l'incaricato del coro, l'incaricato della processione d'ingresso... e per non farci mancare nulla, anche la compieta diocesana, affinché fuori si sappia che noialtri siam bravi ragazzi che «curiamo anche la diocesanità» (un gesto ipocrita perché tutti ne faremmo volentieri a meno, ma nessuno è così autolesionista da farlo notare)...

Sembra che tutti i nostri formatori vogliano che si pensi che in seminario le giornate durano davvero 48 ore ciascuna. La breve liturgia delle lodi (due salmi e un cantico) si riesce a farla durare normalmente 50 minuti, cantando e cantillando in slow motion i salmi, aggiungendo le "invocazioni" personali (trasformandole in "preghiere dei fedeli", ossia in omelie personali: e guai se non ci sono almeno cinque o sei volontari a sciorinare qualche trita banalità politically correct nominando "il Signore" alla fine), facendo una considerevole pausa di meditazione silenziosa dopo la lettura del versetto, e concludendo con un supplemento di preghierine "invocatorie" (cioè un'altra razione di banalità clerically correct), e guai a chi esce subito dalla cappella.

La stessa scena fantozziana si ripete all'ora della celebrazione dei vespri: e pensare che la riforma liturgica aveva drasticamente ridotto la liturgia delle ore da nove salmi a due salmi (opportunamente accorciati) e un cantico, proprio perché i novatori non avevano più voglia di pregare. In seminario la liturgia farraginosa ottiene solo due risultati: da un lato ti fanno odiare il breviario, dall'altro ti insegnano l'ipocrisia (pregare da soli i vespri in cinque o sei minuti, e però se si è in compagnia li si trascina per almeno mezz'ora per sentirsi poi dire: "ma come sei frettoloso").

L'altra bislacca invenzione è la messa con le lodi incorporate: dopo il segno della croce si attacca coi salmi per poi proseguire con le letture della messa, le invocazioni diventano la preghiera dei fedeli, il Benedictus o il Magnificat cantato prima della benedizione, un guazzabuglio liturgico non autorizzato da nessuno, che consolida l'idea che i futuri preti possono sperimentare e inventare: se in seminario si faceva così, perché mai non dovremmo fare cosà?

Tutto questo avviene ogni santo giorno: i giorni "feriali" trasformati in "feste" liturgiche - per un santo di cui si apprende l'esistenza solo scavando nella sezione apposita del breviario, all'improvviso si organizza una liturgia obesa e gonfiata: paramenti bianchi (in seminario i preti metterebbero il bianco 365 giorni l'anno, il bianco te lo fanno odiare - e comunque "paramenti", in seminario, significa "tendaggi economici riciclati a mo' di poncho messicano, ossia casula postconciliare), fiori, "segni", gesti, cartelloni, illuminazione soffusa, seduti a terra sulla moquette disposti in cerchio, canti speciali provati per l'occasione (con ulteriori 30-40 minuti di perdita supplementare per "impararli" e provarli), il responsabile delle fotocopie che si affanna a tagliare i fogli appena fotocopiati (sgrigiati dall'eccessivo uso della fotocopiatrice: a fine anno in camera occorrerà liberarsi di un mare di cartacce), anzi, sforacchiati per poterli inserire nel proprio libretto dei canti personale... affinché lo spettacolo liturgico sembri "partecipato", ognuno deve dare il suo contributo (talvolta anche economico: c'è da comprare i fiori, c'è da comprare un "segno", c'è da pagare non si sa cosa)...

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