venerdì 31 ottobre 2014

Via la vocazione, via la fede?

Molti pii preti sanno che quando un giovane viene ingiustamente espulso dal seminario, rischia poi anche di perdere la fede (gli altri, meno pii, semplicemente abbandonano di punto in bianco la pratica della fede).

"Ingiustamente" significa che i motivi della dimissione non riguardano né la vocazione, né la vita morale, né la salute fisica/mentale.

Le cose vanno sempre allo stesso modo: i formatori del seminario prima cominciano sottilmente a farti capire che vogliono espellerti, poi tu ti umili in ogni modo per rabbonirli, ma loro continuano ad alzare il prezzo e a farti capire che la tua fine è vicina, tu ti umilii ancora di più per salvare il salvabile, e in ogni caso alla fine trovano una scusa ridicola e assurda per mandarti via. Col benestare del vescovo, anzi, con la sua connivenza (garantisco che sono parole scelte con carità). Risultato inevitabile: con tutta la buona volontà, non riesci più a fidarti dell'autorità della Chiesa.

Non riesci più a fidarti dell'autorità della Chiesa perché a poco a poco scopri tutta la meschina disonestà con cui ti hanno spazzato via. Vedi tutti gli inganni che hanno messo in azione contro di te, tutte le mezze verità e le totali menzogne, tutti i sotterfugi, i legalismi, le nuove regole retroattive su misura per inguaiarti... Vedi che coloro che ti dovevano proteggere si sono accordati per distruggerti e hanno proseguito ad ogni costo sino alla fine: come fidarsi di loro? Come fidarsi di gente che ti sorride, che ti predica il Vangelo, che ogni giorno ti amministra la santa Comunione, e contemporaneamente lavora per metterti nei guai? Come fidarsi ancora di chi nella stessa ora con una mano ti amministra la Comunione e con l'altra mette per iscritto calunnie sul tuo conto? (non è un eufemismo)

Non riesci più a fidarti dell'intera Chiesa perché vedi che tutta la mafia clericale, quando si tratta di sopprimere una vocazione, agisce come un sol uomo (è una indiretta dimostrazione dell'esistenza e dell'opera del demonio). Dovunque vai a chiedere aiuto, trovi solo dei don Abbondio che in privato magari si stracciano le vesti per l'ingiustizia e ti sommergono di parole di conforto e di promesse, ma in pubblico non ce la fanno nemmeno a emettere un sommesso belato. Loro per primi si rendono conto che la cricca dei formatori di seminario, la casta curiale, i miniclub preteschi, al pari dei clan mafiosi evitano di pestarsi i piedi a vicenda e - quel che è peggio - il vescovo non ha alcuna intenzione di contraddirli.

Non riesci più a fidarti della Chiesa perché ovunque vai - altra diocesi o altra congregazione - la prima cosa che fanno è informarsi su di te facendosi riportare per iscritto le idiozie che i tuoi ex formatori hanno vergato contro di te: lo sanno bene che sono idiozie, ma «scripta manent», e per questo ti tocca sostanzialmente ricominciare daccapo la formazione, perché tu - imputato di crimini inesistenti - devi dimostrare di essere innocente di quei crimini. E devi dimostrarlo a dei soggetti non dissimili da quelli che ti hanno annichilito. Così ricomincia tutto il supplizio di Tantalo perché i nuovi formatori, grazie a quelle vecchie carte, sanno di potersi lavare le mani di qualsiasi cosa faranno contro di te.

Una grande fortuna è di venir espulsi dal seminario (o meglio: aver motivazione e coraggio di abbandonarlo, in modo da non farsi troppi nemici) verso il primo o secondo anno, in modo da poter andare a piagnucolare presso un'altra diocesi - o anche una congregazione religiosa o di vita apostolica - con più speranza di convincere gli interlocutori che ci sono state "gravi ma superabili incomprensioni" (eufemismo per dire che quel vecchio branco di coglioni pretendeva di misurare la tua vocazione al sacerdozio a partire da cose come il femmineo servilismo dei loro figliuoli prediletti). Sicuramente è dura ricominciare tutto daccapo, ma almeno hai perso solo qualche anno.

Il guaio è quando hai fatto già tre o quattro anni di seminario: più passa il tempo e meno diventi convincente. Uno che venisse espulso al quinto anno, farebbe sollevare più di un sopracciglio curiale: ti guarderanno pensando: «ma sei un pedofilo? uno stupratore seriale? un assassino nazista? è altrimenti impossibile che qualcuno venga dimesso dopo così tanti anni di seminario... come può mai essere che un vescovo si liberi di un seminarista dopo così tanta formazione già fatta?»

Di fronte alle ingiustizie accanitamente perpetrate contro di te dagli uomini di Chiesa (e tanto più quando riguardano la tua vocazione - contro la quale possono commettere ingiustizie restando impuniti, poiché è l'autorità della Chiesa a vagliare la tua vocazione, non tu), rischi davvero di abbandonare la Chiesa.

Episodio 1.

Dopo che il vescovo ingiustamente interruppe la mia formazione (ne pagherà salatissimo conto al Signore, e per sua gigantesca fortuna ha già cominciato con la prima rata), un pio sacerdote mi organizzò d'urgenza un colloquio con certi tizi dediti al formare laici consacrati.

Con evangelica decenza gli risposi: «'sto cazzo!» Se avverto la chiamata al sacerdozio, significa che mi sento chiamato al sacerdozio, non a fare il mestiere di "diacono [con la] permanente" e tanto meno il laico consacrato. Non ho bisogno del contentino.

Se la futura sposa ingiustamente ti manda a quel paese, tu non riuscirai mai a consolarti vita natural durante con una bambola gonfiabile.

Episodio 2.

Il vescovo, dopo che avevo obiettato alle false accuse contro di me, mi rispose che non dovevo criticare i formatori del seminario, che sono coloro che Dio ha stabilito per vagliare la mia vocazione. Quindi proseguì la lettura della relazione che avevano scritto. Nella frase successiva c'era l'ennesima stangata.

"Eccellenza, siamo a luglio: come mai quest'accusa a mio carico che riguarda presunti fatti di dicembre scorso la veniamo a sapere soltanto adesso e soltanto per iscritto?"

Episodio 3.

Al telefono rispose direttamente sua eccellenza. Mi disse: «sì, ti dico subito che per ordine della CEI io non prendo seminaristi da fuori diocesi, ma se vuoi venire a parlare con me ci possiamo incontrare ugualmente».

A che serve incontrarmi se hai già detto che non vuoi accogliermi?

Nessun commento: