lunedì 3 settembre 2018

Non dimenticate che i vescovi sono gravemente responsabili

Noi povere anime disperate per lo stato attuale della Chiesa osiamo domandare in preghiera: mandaci, o Signore, tanti sacerdoti, mandaci, o Signore, santi sacerdoti... Il che è come tentare di spingere in salita un camion che ha la retromarcia innestata e il freno a mano azionato.

Lamentare solo l'arbitrarietà del percorso formativo verso il sacerdozio mi pare un po' superficiale e sindacaleggiante, e che involontariamente chiede ulteriore burocrazia in quella fogna che attualmente è il discernimento vocazionale. Non trovo motivo per disconoscere ai vescovi il diritto di ordinare solo sulla base della fiducia. Quel che mi allarma è che loro sono autori e complici del marciume attuale e sostanzialmente incapaci di dare fiducia a qualcuno che lo meriti. Infatti la crisi del sacerdozio è cominciata dai vertici. Nel corso di molti decenni qualcuno ha concesso l'episcopato a mezzi uomini, campioni di mediocrità che a loro volta hanno fatto altrettanto coi loro pari e col clero. Chiedere al Signore tanti santi sacerdoti, oggi, significa pregare contro la gerarchia ecclesiastica attuale, significa indirettamente maledire i vescovi perché anche il migliore dei loro nel momento difficile decide di giocare la coniglio-card.

Episodio.

Ottengo faticosamente udienza presso un vescovo di buona nomea (e del quale, in via informale, avevo saputo che in gioventù in seminario aveva avuto filo da torcere: uno che certe cose le ha vissute avrebbe dovuto capire facilmente ciò che provavo). Neanche tre settimane di attesa e mi riceve. Mi ascolta per venticinque minuti astenendosi da ogni commento. Gli parlo a cuore aperto della mia situazione, della mia vocazione, delle desolanti circostanze del seminario. In conclusione gioco la mia carta migliore nominandogli un sacerdote (che sapevo essere di sua fiducia) che può parlargli di me e confermare tutto ciò che ho detto e garantire per me. Mi risponde che comprende la mia situazione, che parlerà con lui, che attraverso di lui mi farà sapere, solite parole di circostanza. (E quella sera due ore di adorazione di ringraziamento perché mi era parso che fosse filato tutto ottimamente).

Passano i mesi e il sacerdote di reciproca fiducia non riesce mai a contattarlo. Il vescovo in questione si fa negare al telefono, oppure risponde che non ha tempo, infine risponde che per il momento non è il caso di fare mosse e rinvia la cosa a tempo indeterminato. (Scoprirò poi che c'era lo zampino del vicario generale, il quale a sua volta aveva il dente avvelenato contro un altro dei preti reo di avergli nascosto qualcosa, il quale a sua volta mi aveva nascosto delle cose... sapete, anime belle, è così che funziona il clero: tutto cercano fuorché la volontà di Dio).

Nel frattempo il vescovo ordina un emerito cretino (veramente cretino, absit iniuria verbis, probabilmente l'ordinazione è nulla perché quel soggetto era proprio fuori di testa oltre ad essere spettacolarmente ignorante). Per di più un bel giorno si trova a parlare con un laureando in filosofia, giovincello di bell'aspetto e di buona parlantina. Il vescovo va in brodo di giuggiole e gli dice - scherzando ma non troppo, anzi, sorridente ma senza scherzare - che un posticino in seminario per lui c'è sempre, che gli farebbe fare un percorso molto abbreviato grazie alla laurea in filosofia, che un pensierino potrebbe e dovrebbe farcelo... Il giovincello non sembra troppo interessato, e il vescovo (aveva bevuto?) addirittura si sbilancia a dirgli: ma dai, non ti mando mica nelle parrocchie, ti metto a insegnare, scriverai articoli e libri... Il filosofetto gli risponde che sta frequentando una ragazza, e il vescovo ancor più ridicolo insiste: ma dai, la puoi sempre lasciare, pensaci, la mia porta è sempre aperta, fai un fischio e ti metto le mani in testa, e se mi promuovono ad altra diocesi mi segui...

Quel vescovo gli ripeté le stesse allusioni in altre occasioni. Chissà se sapeva che il sottoscritto conosceva personalmente il filosofetto e la fidanzatina.

Insomma, se uno come me - convinto di essere chiamato al sacerdozio perché per tutta la vita ha come obiettivi principali dir Messa e confessare - va lì da lui col cuore in mano lui dimentica di aver sempre lamentato penuria di preti, dimentica tutte le proprie esternazioni di pastorale vocazionale, dimentica che a suo tempo in seminario gli avevano dato filo da torcere per motivi che non c'entravano con la fede né con la morale, e cosa fa? fa lo schizzinoso e rinvia alle calende greche perché il sottoscritto è stato dimesso da un altro seminario (per motivi che non riguardavano né la fede, né la vita morale) e si fa negare al telefono persino nei confronti di un prete che era di sua fiducia. Ad uno spocchioso universitario fidanzato che ha collezionato vari trenta e lode agli esami di filosofia dice invece: fammi un fischio che ti ordino, e sarai esonerato dagli incarichi di parrocchia. Insomma: è sempre e solo il fottutissimo vescovo che seleziona gli operai per la messe: se la sua politica è questa, come meravigliarsi che gli operai siano pochi, scarsi, scarsamente preparati, pelandroni, incapaci, e soprattutto che detestano il proprio sacro dovere?

Episodio di alcuni anni prima.

Mi trovo in episcopio dal vescovo allora in carica. È appena finito un anno di seminario. La relazione di fine anno su di me "non va bene" per qualche kafkiano inspiegabile motivo che non riesce a spiegarmi. Finalmente dice che devo migliorare nel "dialogo con gli altri", e qualche altra tremenda cazzata dello stesso genere, di quelle non misurabili (e sì che qualche volta ho chiesto cosa deve materialmente accadere per poterli convincere che il sottoscritto sarebbe finalmente "migliorato nel dialogo"; senza mai ottenere una risposta men che fumosa, ovviamente). Con santa pazienza gli chiedo come mai siano così pignoli su questioni del genere mentre non si sono mai interrogati sulla mia fede e sulla mia vocazione. "Oh, ma quelle si danno per scontate... cioè, non proprio scontate, ma ci si assume che... si presume... si realizza nel tempo..." Ha corretto il tiro solo perché quando ha detto "scontate" ho fatto un balzo.

Ma sì, io riconosco al vescovo il diritto di scegliere liberamente di chi fidarsi e chi no, con tutta la grave responsabilità che si assume. Un vescovo decide che bisogna togliermi di mezzo a costo di blaterare il neo-latinorum del "crescere nel dialogo". Molti dei miei compagni di corso da lui personalmente approvati e ordinati hanno gettato la tonaca alle ortiche (che non avevano mai indossato) in meno di tre o quattro anni dall'ordinazione. Ha ordinato "l'esaurito", ha ordinato "il furbacchione", ha ordinato "il fuggitivo", non ha ordinato me. Risultato? Il vescovo suo successore non sa in quale parrocchia spedire "l'esaurito", non sa come convincere a rientrare dall'estero "il fuggitivo" (ufficialmente in "missione" per conto dell'imbecillissimo movimento ecclesiale a cui solo ha giurato fedeltà), non sa come coprire le porcate de "il furbacchione", e nonostante ciò continua ad ordinare fuggitivi, furbacchioni, semi-alcolizzati, semi-visionari, e altri soggetti strani (e per gran parte effeminati).

1 commento:

JP ha detto...

Significativa la frase "non ti mando mica nelle parrocchie" in bocca a un vescovo. Dice molto su cosa sono diventate le parrocchie. Se uno dei miei figli dovesse sentire la chiamata al sacerdozio che gli dico ? Di andare a fare il pagliaccio da oratorio ?