sabato 8 settembre 2018

Schizzinosi nel discernimento

La mia amarezza è tutta dovuta al fatto che sono stato abortito dalle "autorità della Chiesa" per motivi che non c'entrano niente con la fede, la dirittura morale, la convinzione sincera di essere chiamato al sacerdozio. Nell'abortire la mia vocazione hanno danneggiato il sottoscritto e soprattutto danneggiato la Chiesa stessa, per tutte le volte che non ho potuto celebrare Messa, per tutte le volte che non ho potuto confessare, per tutte le volte che non ho potuto amministrare l'unzione... Tutta quella canaglia, riducendo il sacerdozio ad un mestiere, sputando sulle vocazioni, riducendo la carità a buonismo, ha materialmente chiamato a sé (e purtroppo ai propri cari) la maledizione di non poter ricevere i sacramenti in punto di morte (e purtroppo non solo quella).

Scusandomi anticipatamente per l'ennesima lunga pagina, sento di dover chiarire qualche altro punto oscuro per le anime belle e doloroso per coloro che per circostanze della vita hanno dovuto assaggiare quel calice di fiele clericale.

Nella Chiesa preconciliare quel minimo sindacale era tutto sommato garantito, quantomeno per l'ampia scelta di comunità religiose alternative al percorso in diocesi e all'idea che il sacerdozio consista nel munus gubernandi, sanctificandi, docendi. La miglior pastorale vocazionale che poteva fare un vescovo era dire: vi garantisco che i sacerdoti che intendo ordinare spenderanno le loro migliori energie nel dir Messa e confessare. Oggi, invece?

La Chiesa conciliare è invece ossessionata dalla pastorale (cosa che va sotto diversi nomi: andare incontro allagggènte, adeguarsi ai tempi, valorizzare il laicato, essere aperti al dialogo...) cioè ha ridotto il sacerdote a una specie di animatore da villaggio vacanze (persino dotato di giorni liberi, ferie estive, meeting periodici, corsi di aggiornamento, tutta la sagra delle cazzate tipica del rampante management americanizzato di moda nelle grosse aziende), anzi, ad un robot. Ha anche ridotto il seminario ad un addestramento ad essere mediocri, gli studi filosofici e teologici a un guazzabuglio di paroloni inutili per la pastorale (ironia della sorte!) e le virtù teologali al non farsi cogliere con le mani nella marmellata (basterebbero solo queste considerazioni per diventar subito preconciliare a prescindere).

La Chiesa è a corto di preti ma lo era anche ieri quando erano cinque volte più numerosi che oggi, anzi, lo è sempre stata, addirittura è il Vangelo a confermare la quantità perennemente scarsa di operai per la Messe.

E i vescovi (e superiori di comunità religiose) cosa fanno? Gli schizzinosi. Ecco alcuni esempi già tradotti dal clericalese all'italiano (tutti tratti da episodi reali):
  • "non riesco a figurarmelo nell'incarico di parroco, pertanto la sua vocazione non può essere alla diocesi"
  • "non ha l'età adatta, ne riparleremo quando verrà aperto un seminario per le vocazioni adulte" (che non ha mai aperto)
  • "in riunione si è detto che non possiamo farci nemici i vescovi"
  • "tre vocazioni in questo istituto sono già troppe"
  • "non risulta simpatico al mio finocchio preferito"
  • "deve dimagrire"
  • "è qui da cinque mesi e non ha mai pagato la retta" (istituita retroattivamente un minuto prima)
  • "ha l'hobby della fotografia, e questa è una cosa incompatibile con la vita sacerdotale"
  • "è attaccato a certe cose preconciliari"
Perché sono schizzinosi? Perché hanno già un'idea molto precisa del sacerdote che intendono ordinare.

Intendono ordinare uno "aperto al dialogo" (sottinteso: dottrinalmente elastico e sacramentalmente approssimativo), che sia anche "docile" (sottinteso: acriticamente docile), e soprattutto "disponibile al servizio" (sottinteso: che si dà tanto da fare anche e soprattutto sulle cazzate).

Ogni prete dev‘essere per loro una pedina spostabile a piacere sulla scacchiera diocesana (cioè i preti devono fornire tutti lo stesso identico livello di mediocrità). Perciò, se non è funzionale all'incarico di parroco, il vescovo erroneamente lo considera inabile al sacerdozio (sottinteso: il sacerdozio non è una vocazione ma un mestiere).

Sull‘età adatta i miei rudi stivali scattano come bolidi attirati dai deretani episcopali. Forse che un sacerdote di cui si prevedono cinquant'anni di servizio (da venticinquenne a settantacinquenne) vale molto di più di uno di cui se ne prevedono solo quaranta? O trenta, venti, dieci? Davanti a Dio, anche se in tutta la sua vita sacerdotale celebra una sola Eucarestia prima di morire, ha già un valore infinito. (Ma oggi non si dice più celebra Missam ut primam, ut ultimam, ut unicam).

La scusa dell'età serve in realtà per allontanare soggetti che hanno esperienza di vita, cioè per tenersi dentro solo dei soggetti mentalmente ragazzini. Un ventenne può essere ancora riprogrammato. Un trentenne è difficile da riprogrammare. Un quarantenne non lo riprogrammi più. E poi più uno è adulto, più - secondo loro - è probabile che abbia avuto esperienze sessuali. Non che ai formatori interessi davvero la castità. Hanno paura che uno adulto capisca bene i segnali froceschi di certo clero e sappia reagire di conseguenza. Hanno paura che uno adulto metta incinta qualche parrocchiana. Hanno paura che uno adulto sappia schivare (o sfruttare) le manovre del clero mediocre meglio di quanto non sappia fare uno che in vita sua ha visto solo mammà, parrocchia e seminario. Hanno quindi paura che uno adulto sia capace di innamorarsi. In altre parole, hanno paura che uno adulto produca esattamente gli errori e le divisioni che normalmente producono i preti mediocri che loro hanno sempre ordinato. Infine, hanno anche paura che uno che sa cosa significa alzarsi al mattino presto per correre al proprio posto di lavoro mentre piove a dirotto, è mentalmente allenato a considerare prezioso il proprio tempo e a investirlo in cose serie trascurando qualcuna delle idiozie che vengono tassativamente richieste in nome della “disponibilità al servizio”.

Può anche capitare che un seminarista non venga accolto “per non farsi nemici tra i vescovi”. In genere non te lo dicono chiaramente. Era il caso di uno che era stato dimesso perché non aveva raggiunto i kafkiani “obiettivi di dialogo” che certe imprecisate entità kafkiane immaginavano. Comprensibile che un vescovo o superiore di comunità abbia tanta paura di dare la minima impressione di voler far guerra ai vescovi (molto più comprensibile per chi si ricorda di quanto vendicativi siano questi ultimi), ma non è una ragione teologicamente valida per dire l'equivalente di “non ti vogliamo accogliere, arràngiati” e per di più senza nemmeno suggerire almeno qualche altra porta a cui bussare.

Episodio. Telefono in curia per chiedere un appuntamento col vescovo. La voce che mi ha risposto dice: sono io il vescovo, di cosa si tratta? Non faccio in tempo a presentarmi come ex seminarista che già mi interrompe per dire: nessun problema ad incontrarci, ma voglio chiarire già adesso che non accolgo seminaristi provenienti da altre diocesi. Non vuole suscitare qualche antipatia nella conferenza regionale e perciò, facendosi scudo di una delle tante norme che per gli amici si interpretano, per gli altri si applicano, parte dal presupposto che un seminarista dimesso da qualche seminario deve avere per forza chissà che scheletri nell'armadio. Vigliacco. Ne risponderà a Dio.

Ma sì, un rettore può anche dirti che devi dimagrire. Può anche darsi che sia per la tua salute. Ma è qualcosa che ho visto usare solo come ricerca del pelo nell'uovo quando sembri del tutto conforme al loro modello standard di pagliaccio da parrocchia. Il grassone in questione perse più di venti chili dopo un'interminabile dieta da girone dei golosi. Fu infine ordinato al sacerdozio e in pochissimo tempo riacquistò quei chili più gli interessi e i supplementi. Tutta la storiaccia della dieta, infatti, era dovuta esclusivamente al fatto che i superiori, in qualità di schizzinosi, non avevano a disposizione altre scuse. È avvenuto anche ad una brava ragazza che dopo aver letto qualcosa di santa Chiara - beata innocenza! - chiese di entrare in un convento di Francescane postconciliari. La responsabile delle vocazioni le impone tassativamente di dimagrire (avranno a regolamento il dover portare una taglia inferiore alla 46?). Perde parecchi chili e alla fine trovano ugualmente una scusa per mandarla via (eppure non tutte le francescane sono mingherline). Approda infine in un altro ordine religioso tutt'altro che francescano, dopo aver buttato via dieci anni di vita (le è andata meglio di me).

Quando hanno da ridire e usano il termine “poco sacerdotale“ significa che stanno accanitamente cercando una scusa per toglierti dalle balle. Dovrebbero preoccuparsi di te solo per ciò che riguarda la fede, la morale, la chiarezza della chiamata. Solo un campione di mediocrità (e di froceria) può pensare come "poco sacerdotale" il fatto che ti piaccia intagliare il legno, o fotografare paesaggi, o leggere i fumetti di Paperino, o pedalare venti chilometri al giorno... Quelle cose, al massimo, ti costano del tempo, ed è col direttore spirituale che ti devi confrontare su quante ore settimanali vi dedichi qualora ci sia un minimo sospetto che stai esagerando. Ma un prete non è un robot. Non riesce a fare "cose sacerdotali" ventiquattr'ore su ventiquattro: vuoi togliergli un hobby sano illudendoti che ciò non lo porti mai a cercarsene un surrogato malsano? E comunque sai già che una volta prete farà ugualmente di testa sua. Vuoi trasformare i seminaristi in perfetti ipocriti? Vieta loro ciò che i preti già fanno comodamente, e controllali su ogni minima infrazione. Trasforma il seminario in un Gulag dove tutti spiano tutti, tutti fanno delazioni su tutti, tutti nascondono le loro cose “poco sacerdotali” innocenti. Ciò che semini, raccoglierai.

Episodio. Eravamo in macchina e risposi con una certa veemenza al prete: ma crede che vado fotografando donne nude? O che la cosa mi rubi chissà quante ore al mese? E il sito web della comunità, quelle foto chi altro gliele poteva fare? Dobbiamo parlare allora dei passatempi di [nome seminarista frocetto] che ogni giorno si alza alle undici? Chi è che ogni mattina in paese le serve Messa alle otto? - Il pretino ingoiò la lingua ma sono sicuro che giurò a sé stesso di farmela pagare cara. Sì, ero io quello che gli servivo Messa ogni mattina. E sì, i mezzi uomini, campioni di mediocrità, non ammettono che un seminarista nel raro tempo libero possa dedicarsi a qualcosa di pulito. Si tollera solo la partitella di calcio e, con finta condiscendenza, lo sfogliare i cataloghi commerciali di paramenti sacri.

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